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VIAGGIO TRA QUATTRO CANTINE SULLA VIA DEL VINO A SALONICCO

I vini di Salonicco sono molti e le proposte enoturistiche infinite. Ma, dovendo scegliere, ecco quattro tra le cantine che ci è capitato di visitare e che probabilmente sono tra le migliori nei paraggi di Salonicco.

KTIMA GEROVASSILIOU

La premessa d’obbligo è che questa cantina è probabilmente il simbolo dell’enoturismo nel nord della Grecia, e non a caso le mappe riportano un dettaglio dei suoi vigneti in copertina: alcuni artisti sono stati chiamati a realizzare delle installazioni come una mezza luna e un enorme grappolo. Siamo sul versante est di Salonicco, vicino al villaggio di Epanomi. Vangelis Gerovassiliou è il leader dell’azienda, è stato capace di trasformare dal 1981 una piccola coltivazione famigliare da due ettari in un impero da 76 ettari – gli ultimi 13 sono stati piantati a marzo – proiettata verso standard di viticultura internazionale: in vigneto c’è una piccola stazione meteo, vengono coltivate l’80 % delle uve greche – sono 24 le varietà sperimentali coltivate – ed è previsto un piano quinquennale di investimenti per creare un itinerario tra i vigneti con aree da picnic. “La produzione è da 450 mila bottiglie l’anno divise in 13 etichette, il 35% finisce all’estero ed in particolare in Europa”, spiega il titolare. “Qui lavorano 55 persone, una trentina nei momenti di vendemmia e l’azienda fa un vanto che tra i propri vigneti esistono 24 razze diverse di uccelli”.

Anche se poi i diecimila visitatori che in media ogni anno vengono a visitare l’azienda lo fanno per lo spettacolare museo del vino che Vangelis ha realizzato collezionando, fin dal 1976, tutto quanto concerne la viticoltura. “Dagli attrezzi degli avi per piantare le vigne alle anfore dei greci, passando per video che mostrano come si costruisce un barrique di legno francese fino ai primi rudimentali macchinari di imbottigliamento a mano – dice lui – amo collezionare ogni cosa del vino”. Il tutto però è orientato verso il cuore della sua collezione: 2.600 cavatappi di tutte le ere che danno un senso di stordimento al visitatore, pareti intere puntellate di creazioni artistiche che nei secoli hanno modificato il rapporto tra l’uomo e la bottiglia. Se dovete scegliere una sola cantina di visitare nei pressi di Salonicco, questa è quella giusta.

 

KECHRIS WINERY

Visitare questa azienda riconcilia il wine lover con la Retsina, vino da tavola greco, bianco o rosato, che deve il suo nome alla particolarità di essere aromatizzato mediante l’aggiunta di resina di pino d’Aleppo al mosto. “Il vino resinato veniva preparato già nell’antica Grecia e di fatto nel corso degli anni è diventato il simbolo del vino entry level”, spiega il direttore del marketing in azienda, Yiorgos Darlas. Quello che trovi al supermarket a meno di un euro a bottiglia e che non consiglieresti mai ad un amico. “Il nostro lavoro è tutto concentrato nel produrre Retsina di grande qualità”, spiega Stelios Kechris, enologo e ceo dell’azienda che si trova in una zona industriale a dieci minuti dal centro della città. E non a caso i suoi bianchi si vendono a 14 euro e sono esposti in stanze dove le pareti sono piene di premi internazionali, dal Decanter world wine awards all’International wine challenge. Undici etichette, un milione e mezzo di bottiglie prodotte – tre su dieci finiscono all’estero in 21 nazioni diverse – settanta ettari di proprietà. Sono questi i numeri dell’azienda. “Il nostro vanto è la vendemmia notturna – incalza Stelios – che ci permette di controllare meglio la prima parte della pigiatura e fermentazione delle uve. È in questa prima fase che mischiamo una media di un chilo di resina che raccogliamo ad Aleppo in quattro tipologie diverse tra maggio ed agosto per mille litri di mosto, lasciandola a contatto col vino per una decina di giorni prima di rimuoverla. Ho studiato in Francia dei metodi particolari di chiarificazione dell’uva e di gestione della temperatura per evitare che la presenza della resina fosse troppo impattante”. Il risultato è un vino che stupisce. In particolare nella sua eccellenza, il “Tear of the Pine”, la “Lacrima del Pino”, un uvaggio in purezza di Assyrtiko che matura sei mesi in botti di legno americano. L’aroma e la forza della bacca bianca si mischiano ad una sensazione di mentolo anticipata dall’olfatto e confermata in bocca, senza però essere troppo impattante o dominante. Uno spettacolo per i sensi, abbina binabile anche a semplici insalate, che è destinato a modificare la percezione internazionale della Retsina.

DOMAINE CLAUDIA PAPAYIANNI

Per arrivare ad Arnea Chalkidiki occorre viaggiare per più di un’ora nell’entroterra di Salonicco, tra paesini che ricordano le rocche medioevali italiani – spettacolare la chiesa di Santo Stefano di Arnea – e colline accarezzate dalla brezza marina. È qui che ha sede la cantina della regina del vino di Salonicco, Claudia Papayianni. Fondata nel 2003 a 650 metri di altezza, ora produce circa 130 mila bottiglie all’anno grazie ai venti ettari di vigneti. “L’obiettivo è triplicare la produzione nei prossimi cinque anni grazie a dieci etichette di alta qualità”, spiega il manager che ci accoglie vantando le qualità del proprio “Alexandra”, un vino con uvaggio in purezza di Malagousia e il bouquet di glicine della Grenanche Rouge che va a comporre con il Xinomavro il leggendario rosè “Ex Arnon Rosè”. A poca distanza da qui, a Stagira, si dice che Aristotele piantò uno dei primi vigneti della storia dell’umanità. Leggenda, forse, ma non ha destato sorpresa un anno fa la scoperta che a Stagira potrebbe esserci la tomba del filosofo: ad annunciarlo lo scorso anno durante un convegno a Salonicco l’archeologo greco Kostas Sismanidis, che dirige gli scavi a Stagira fin dagli anni ’90.

DOMAINE PORTO CARRAS

Se è vero – e qui nessuno si vergogna ad ammetterlo – che il turismo enologico in Grecia è agli arbori e che molta strada c’è ancora da fare, allora è altrettanto vero che c’è una eccellenza assoluta nei paraggi di Salonicco, figlia di un impero immobiliare che si è prestato al vino con risultati sorprendenti. Siamo nell’area di Sithonia, monte Meliton, da cui prende il nome anche la Dop locale: qui ha sede il Domaine Porto Carras. Poco meno di duemila ettari, una immensità fatta di colline che si affacciano sul mare e di paesaggi mozzafiato che uniscono ulivi a vigneti, per una produzione di circa un milione di bottiglie. “Quasi tutte certificate biologico”, ci spiega il responsabile dei tour vantando i 150 premi ottenuti ad oggi dall’azienda grazie all’impegno dei titolari, in primis Yliana Stengou. “L’area era stata scelta negli anni Sessanta dal leggendario enologo dell’università di Bordeaux, Emile Peynaud, che piantò qui il primo Cabernet Sauvignon, nonno delle 27 varietà che ora crescono nella zona”, spiega la giovanissima enologa aziendale, Efrossini Drossou mentre ci fa degustare probabilmente il miglior rosso che abbiamo bevuto in Grecia, il Chateaux Porto Carras. Un blend di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Limnio – uva da cui nasce il vino di Aristotele, considerato il più vecchio al mondo – e Merlot che invecchia 24 mesi in botti francesi prima di riposare un anno in bottiglia.

VILLA GALINI

Ma la leggenda della cantina è legata alla sommità della collina Galini, nome avuto in dono da un ladro che su questa collina aveva perso la vita. Tutta l’area fu acquistata negli anni Sessanta dal ricchissimo tycoon Giannis Carras, che se ne innamorò dopo un tour verso il monte Athos. Nel 1973 iniziò la costruzione della Villa omonima: da subito fu un successo glamour, reso epico da festini privati tra le 24 stanze della villa che si facevano attorniare dalle prime 45mila piante di olivo piantate assieme ai 475 ettari di vigneto. Oggi l’intero stabile si affita a circa 15mila euro a notte, è location di lusso.

Alle pareti, le foto o i ricordi di chi ci ha soggiornato: la regina di Olanda Juliana, Salvador Dali, il figlio di Aga Han, Stavros Niarhos, Rudolf Nureyev, Francois Mitterrand, Konstantinos Karamanlis, Margot Fonteyn, Joan Baez, Fiona Von Thyssen, la famiglia Rockfellers, il principe Alberto di Monaco, Il presidente Putin, Valery Giscard d’Estaing. Alcune delle stanze, come quella di Dalì, sono state personalizzate dall’artista stesso, capace di creare un bagno onirico e dai colori rosso e sgargianti, senza dimenticare la sua personalizzazione di una bottiglia, la Blanc de Blancs, resa immortale dalla sua arte. E se Villa Galini è storica e leggendaria per le elite, va pur detto che la massa dei turisti conosce la zona solo per l’impressionante complesso dei Grand Resort, due costruzioni simili a yacht capaci di poco meno di mille stanze assieme, strutturati come una città che si affaccia al mare e fornisce tutti i servizi per una vacanza stupenda alla base della collina del vino.

 

 

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La scrittura è una malattia, che cura da vent’anni con tutto il giornalismo possibile: ha lavorato per due quotidiani, una televisione e mezza dozzina di riviste, guidato da direttore responsabile magazine e siti internet. Autore di un libro storico sul secondo dopoguerra e di un romanzo di narrativa, ama firmare reportage di viaggio ed è membro del Gruppo italiano stampa turistica. Si emoziona per un calice di Prosecco o per una alchimia di gusti nel piatto. Runner per passione, ha vissuto più maratone di quanto potesse sognare ma trova quiete solo correndo tra i monti e nelle note della moonlight sonata di Beethoven. Vive con Ketra, tre gatti e un cane zoppo. È il direttore di Storie di Eccellenza.

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