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RIDLEY SCOTT E IL SUO NAPOLEON PRIVO D’IMMAGINAZIONE

di Mattia Alfonzo

L’ideologia del cinema oltreoceano si scontra con la caratura di un personaggio dalla bibliografia sconfinata, “svuotandolo” nei suoi caratteri essenziali, raffazzonando un prodotto a buon mercato che di storico porta soltanto il nome

Scrivere un film vuol dire anche recapitare – in forma più o meno diretta – un messaggio. Eppure, nonostante i due secoli di distanza che dividono la nostra epoca rispetto all’ambientazione di Napoleon di Ridley Scott, molti potevano essere i segnali – velati o meno – da far pervenire agli occhi di un pubblico contemporaneo nelle sale.

Si pensi ai flussi migratori che condizionano senz’ombra di dubbio la nostra epoca; incuriositi, seguiamo i dibattiti tv dove vediamo alternarsi politici e opinionisti di ogni sorta, li sentiamo spendersi in inutili arringhe nel vacuo tentativo di dare una lettura univoca al fenomeno. Era troppo audace, forse, cogliere la palla dell’attualità al balzo, parlando per analogia di questo tema senza neppur dover uscire dalla realtà storica dei fatti?

All’età di nove anni, Napoleone Buonaparte (cambierà il cognome solo nel 1796) è un bambino che giunge per la prima volta in Francia, accompagnato sotto lo sguardo severo del padre, Carlo Maria Buonaparte. Dai suoi compagni della Scuola militare di Brienne viene spesso deriso perché è “pallido come un limone” e, a differenza di tutti gli altri, parla un francese povero, maccheronico, stentato. Si prendono gioco di lui dicendo che ha “la paille au nez”, che è un sempliciotto, un selvaggio. Negli anni di gioventù, Napoleone serba un odio segreto verso la Francia, a differenza dei suoi compagni si sente un patriota corso, sogna l’indipendenza della sua isola sotto la guida di U Babbu di a Patria, Pasquale Paoli.

Perché non premiare la scelta di narrare la contraddizione interiore di uno “straniero” che è riuscito nell’impresa di scalare i ranghi di una nazione che, pur avendolo “accolto”, lo riteneva niente di più che un provinciale (la Corsica viene annessa alla Francia solo nel 1768, un anno prima della sua nascita), e che un giorno arriverà a proclamarsi addirittura Imperatore? La più grande vittoria di Napoleone è quella di esser riuscito, in fondo, a fondare una dinastia dal nulla. «Pensa se nostro padre ci vedesse» sussurra Napoleone a suo fratello Giuseppe, il giorno dell’incoronazione a Notre-Dame. Nella pellicola, ovviamente, di episodi e richiami al lontano passato del personaggio vi è nient’altro che una triste penuria e carestia. 

PAGINE STRAPPATE

Nel film, invece, da Tolone si passa rapidamente per il vendemmiaio, per giungere con un improvviso salto temporale al capitolo dell’Egitto. La calura degli scenari esotici non basta a riscaldare il cuore di un curioso in poltrona o di un amante della storia: il vuoto di un’altra favola che si sarebbe potuta raccontare si fa largo nuovamente nell’animo dello spettatore. Dov’è la Campagna d’Italia 1796-97 che ha contribuito a far decollare la sua popolarità in Francia e a far nascere la sua leggenda in Europa?

Ad appena ventisette anni, Napoleone raccoglie il comando della piccola Armata d’Italia, stanca, male armata, che tuttavia vince contro avversari molto più forti e numerosi di lui. “Io vi condurrò nelle più fertili pianure del mondo”, scrive ai suoi uomini prima della campagna. In un “miracolo di fede laica” (Merezkovsij) Bonaparte riesce a penetrare fino in Austria mettendo la parola fine ad una guerra europea che durava da ben cinque anni. In Italia, Napoleone è un giovane generale della rivoluzione che si batte contro il Re di Sardegna, i nobili principi della casa d’Austria, non esista da invadere le terre del papa, è poco più di un ragazzo che incarna la gioventù d’Europa di fronte ai vegliardi monarchi dell’Ancien Règime. A Ridley Scott, ancora una volta, manca il coraggio di raccontare la parabola di un giovane capace di far tremare un mondo vecchio e malato e financo di disegnarne uno di nuovo.

Da un punto di vista cinematografico, numerose sono le scene d’effetto che si sarebbero potute ricavare: i ponti di Lodi e di Arcole, l’ingresso trionfale a Milano, lo scatto d’ira a Campoformio con le preziose porcellane gettate a terra di fronte ai nobili austriaci venuti a firmare la pace: «Ricordatevi che state negoziando in mezzo ai miei granatieri!».

JOSÉPHINE, CREOLA DI CARTAPESTA

Sullo sfondo, il ritratto di Joséphine accompagna le vicende di un Napoleone privo di personalità, confuso, bambinesco e irrequieto, rendendo a tratti l’immagine di una femme fatale che dapprima gioca con il buffo Bonaparte, e nella seconda parte del racconto finisce per essere succube sotto il peso della sua irresistibile ascesa politica.

Se per molti la love-story con Joséphine è forse la sola cosa (in parte) riuscita di questo film, questa appare tuttavia confusa nella sua genesi. La donna che esce di galera dopo il Termidoro è un personaggio di cartapesta e non si comprende l’origine del magnetismo che nasce, nella realtà storica, nel cuore del giovane Bonaparte più che nel suo. I due provengono entrambi da un’isola (Joséphine nasce e cresce in Martinica), sono figli di una piccola nobilità e malapena francesi, sono due parvenus capaci di farsi largo durante le fasi alterne della Rivoluzione. Joséphine, la creola, è il suo portafortuna; eppure, dalla pellicola ciò non traspare. Non è che un’ombra del talismano di bellezza che lo accompagna negli anni dei trionfi, che lo introduce in società e lo rende a poco a poco più grazioso, che si destreggia con abilità nei giorni antecedenti il colpo di stato di Brumaio. Lo spettatore percepisce a malapena che da quando i due divorzieranno nel 1809, l’uomo sarà preda – come per una maledizione – di cocenti sconfitte e disgrazie.

Del romanzo d’amore a puntate tra Napoleone e Joséphine le iconografie mancate da portare sullo schermo si sprecano: le lettere infuocate che il generale scrive dall’Italia, il viaggio (controvoglia) di Joséphine in carrozza per raggiungerlo, il loro incontro a Verona sul balcone di Romeo e Giulietta, la parabola del figlio Eugène (che si vede nella scena della spada) di cui Napoleone farà il suo aiutante e un giorno persino viceré d’Italia.

UN IMPERATORE CHE NON TROVA LE PAROLE

Il seguito del film non è che il lungo dilungarsi di errori storici, grotteschi (sulle battaglie combattute tra trincee e fucili di precisione è opportuno sorvolare), tali da far apparire la sceneggiatura come un mediocre tentativo di revisionismo, se non il frutto di una vera a propria mancanza nelle basi storiche da parte degli autori. Si pensi ai personaggi – anche di rilievo – che hanno caratterizzato la vita dell’Imperatore e inspiegabilmente non appaiono. Parenti, marescialli, amici, confidenti, collaboratori, traditori, nemici, amanti, una “corte dei miracoli degli assenti” che sembra voler rendere l’idea di un Bonaparte solo e sperduto alla ricerca della strada, in una forzatura che stride con la realtà storica e la veridicità dei suoi rapporti più intimi.

Di fatto, il protagonista – se costui lo è per davvero, seppur il titolo sembra con orgoglio portarne il nome – viene ridotto dalla sceneggiatura a poco più di un fantasma, incapace di concepire una frase o un dialogo di senso compiuto, in totale antitesi con il tribuno nato, il politico, il legislatore, l’uomo per natura loquace e curioso, che nel privato si divertiva ad interrogare chiunque su ogni argomento, un oratore in grado di ipnotizzare le masse e di esprimere tramite “i suoi proclami alcuni dei testi letterari più belli di tutta la storia contemporanea” (Gerosa).

Intendiamoci bene: a lasciar interdetto lo spettatore non sono dunque solo gli errori storici che ogni produzione ambientata nel passato si porta fin dentro le sale, cosa che oramai è una sorta di cliché per quanto riguarda Scott. In Napoleon, il vero cortocircuito avviene in quanto il film si offre di raccontare le gesta di un personaggio storico sotto tutti i punti di vista, il privato, il politico e il militare, di un uomo su cui esiste una bibliografia sconfinata, non riuscendo in realtà a presentare in modo esaustivo nessuno di questi tre aspetti, limitandosi ad “ubriacare” lo spettatore con scene di battaglie (totalmente inventate) senza contestualizzarle nella vita del protagonista, nella perenne illusione del regista di vivere tra agi ed eredità di pellicole entrate ormai da troppo tempo nell’immaginario collettivo del cinema.

UN’OCCASIONE SPRECATA

Il risultato di questa versione cinematografica (le quattro ore della versione estesa per quanto possano arricchire la narrazione, è difficile prevedere che possano rimediare ad una simile Waterloo) è di aver suscitato l’indignazione in chi il periodo storico lo ha masticato, mentre coloro i quali non hanno mai avuto occasione di approfondirlo si ritrovano catapultati in una narrazione confusa, dove le didascalie e i nomi in sovraimpressione non sono altre che toppe su di un film che sembra cucito quasi in fretta e furia.

Fa riflettere il tentativo di voler raffazzonare a tutti i costi un prodotto per tutti e a buon mercato, nonostante la criticità e la complessità del periodo storico rappresentassero – solamente queste! – un ostacolo enorme, senza tener conto della caratura del personaggio, che di fatto erano parecchi anni non veniva rispolverato ai soli fini di intrattenimento.

In un periodo in cui le sale cinematografiche non conservano più lo stesso appeal di un tempo, e considerando la lunghezza temporale in cui gli avvenimenti storici si svolgono (più di vent’anni), la scelta di una serie televisiva o eventualmente di una trilogia ben studiata sarebbe parsa ben più che logica. A tal fine, sarebbe bastato un po’ più di coraggio, di lavoro, di fantasia. «L’immaginazione governa il mondo» confida Napoleone a Las Cases durante l’esilio di Sant’Elena. Un concetto evidentemente lontano se non sconosciuto ai produttori, agli sceneggiatori e a Sir Ridley Scott in primis.

Fonti e approfondimenti:

– N. BONAPARTE, Mille amorosi baci. Lettere erotiche a Giuseppina. Storia di un’infatuazione e di tradimenti, Milano, PGreco Edizioni, 2013.

– E. DE LAS CASES, Il memoriale di Sant’Elena, a cura di Luigi Mascilli Migliorini, Milano, Edizioni BUR, 2004 (ed. or. 1823).

– G. GEROSA, Napoleone, Milano, Mondadori Editore, 1995.

– Il profeta velato. Napoleone Bonaparte. Racconti e scritti letterari, a cura di C. LAURENTI, Roma, La Lepre Edizioni, 2016.

– D. S. MEREZKOVSKIJ, Napoleone. L’uomo. La sua vita. La sua storia, Milano, Rusconi Libri, 2018.

1 Comment

  1. Avatar
    Thomas P
    11 Dicembre 2023 - 13:37

    Accalorata lunga disamina di chi, in cuore suo, ha vissuto male questo “film” perché sperava nel poter vivere ciò che ha immaginato, magari, studiando un personaggio così storico ed importante. Il fil e di storico, a parte il nome, ha ben poco. E questo è ampiamente spiegato dall’autore Mattia.
    Forse, e ripeto forse, dal titolo si poteva capire che non sarebbe stata una narrazione storica…? Ma solo un film con un nome importante per il botteghino.
    Un vero peccato e delusione.
    Non avesse avuto quel titolo sarebbe potuto essere molto più apprezzato.
    Bravo Mattia.

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