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Smart working: ci avevi pensato?

Smart working letteralmente significa lavoro agile, nella pratica è il lavoro svolto da remoto, a distanza: l’importante è che ci sia connessione!

Lo smart working rende smart? A casa dinanzi al pc, se siamo fortunati quello aziendale, vestiti comodi, ciabatte, un pizzico di proattività e il tutto funziona. Non so voi ma l’immagine dipinta non è poi così “smart”. Mah, va bene così, l’importante è mantenere la produttività in azienda.

Se c’è una parte di te che si chiede se questa modalità sia davvero “comoda” e “efficace” e soprattutto se fa bene, continua a leggere. In caso contrario continua a leggere lo stesso, un minutino di riflessione non ha mai fatto male a nessuno.

Il lavoro che si definisce agile è un lavoro a distanza, quello che permette di evitare il traffico mattutino, il vestiario formale ed elegante e perché no anche scomodo se indossato per un minimo di 8 ore lavorative. Largo spazio è invece dato a pigiami e tute, insomma alla comodità.

Probabilmente l’agilità si riscontra nel non doversi svegliare molto prima dell’orario di inizio, ma un pò prima, il tempo di darsi una ripulita, fare colazione e poi prendere un buon caffè fatto in casa. A questo punto la giornata è iniziata, gli occhi fissi su uno schermo, le dita che battono sulla tastiera, il telefono che suona, finché giunge la pausa pranzo. Si pranza, si mangia cibo probabilmente fatto in casa, ci si mette su un divano e forse, se sei tra i più fortunati, hai il tempo di prenderti un altro caffè, se fumi di fumarti una sigaretta, e se ti va ti fai una partita dal cellulare al solito gioco online.

La pausa pranzo è finita, si ritorna al videoterminale. Occhi sullo schermo, ci si focalizza sul lavoro da fare nel pomeriggio e si tira fino all’orario di smonto, quello in cui i tuoi occhi possono finalmente staccarsi da quel display.

Sì, hai mangiato bene, hai preso il caffè come piace a te, sei stato super-produttivo, ma come ti senti?

Alcuni studi hanno dimostrato come il fenomeno dell’alienazione sia uno di quelli più comuni nel mondo del lavoro. Se questo termine ti suona familiare ma non riesci a metterlo a fuoco pensa alle perle di Charlie Chaplin. Certo, in quei tempi c’erano le catene di montaggio, gesti meccanici ripetuti pedissequamente, eppure lo smart working può avere la stessa capacità di alienazione. L’immersione profonda nel lavoro senza interazioni fisiche nel sociale, la perdita del reale contatto visivo, l’assenza di associazione di un tono di voce ad un’identità: ci si focalizza solo sull’attività che si compie.

La produttività aumenta, così come di pari passo fa l’alienazione.

Lo Smart working è accessibile, efficiente, ma non è esente dallo stress lavoro correlato, dalle malattie progressive nelle quali possono incorrere i videoterminalisti. Sarebbe auspicabile sfruttare appieno le potenzialità della tecnologia, magari mediante l’utilizzo di una modalità mista che divida le fasi del lavoro in presenza e da remoto, così da trarre benefici da entrambe.

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