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Massimo Foltran ci parla del suo Manuale dello Spiedo


Massimo Foltran ci parla del suo Manuale dello Spiedo

Cosa ha di diverso il manuale dello spiedo dagli altri libri sullo spiedo?
“Credo che il Manuale dello Spiedo, ci dice Massimo Foltran, sia l’unico libro, tra quelli pubblicati
sul tema, che non si limiti a parlare dello spiedo, a descriverne i vari aspetti, a raccontarne le
vicende, ma che insegni proprio come farlo. Dall’A alla Zeta, attrezzature e strumenti inclusi. E
anche come servirlo in tavola.”
“Negli ultimi vent’anni sulla ricetta simbolo del Nord pedemontano, dall’Alta Marca trevigiana a
Brescia, sono stati pubblicati libri focalizzati sull’origine e la storia di questo metodo di cottura, o
sulla celebrazione di uno o più protagonisti nell’arte dello spiedo. Quello che mancava era un
manuale, una guida tecnica alla preparazione dello spiedo.”
“Nel mio manuale, in maniera semplice e soprattutto chiara (e a questo proposito devo proprio
ringraziare l’Accademia dello Spiedo e Graziano Lazzarotto, docente come me ai Corsi di Spiedo,
che ha curato i testi) si è cercato di fornire tutte le informazioni necessarie a realizzare uno spiedo
a regola. Non solo quello misto trevigiano e veneto, ma qualsiasi tipo di spiedo, considerando i più
praticati.”
Nel tuo manuale parli di spiedo d’Alta Marca e anche di Spiedo bresciano. Ma qual è a tuo
giudizio il migliore?
“Non saprei cosa rispondere, se non dire che qualsiasi spiedo fatto bene, con gli ingredienti giusti e
un po’ di passione, è sicuramente un’esperienza che val la pena di fare, vegetariani compresi! Nel
manuale ho riportato anche una ricetta di verdure allo spiedo. Buonissime!”.
Parlavi di informazioni, quali ad esempio??
“Oltre al tempo, che è quello che occorre non quello che si vorrebbe, l’elemento chiave di un
buono spiedo è la qualità della carne, che quando si inspieda deve essere ben frollata (almeno 4-5
gg) e a temperatura ambiente e non da frigo”.
“Per insaporirla nel modo giusto la salatura va fatta nelle ultime due ore di cottura, non prima, e al
contrario di quanto facevano i nostri avi, penso anche a mio padre, non va unta in continuazione
con l’olio della golosa. Uno spiedo ben predisposto si unge da sé, grazie al lardo che gocciola e al
lento movimento circolare del girarrosto.”
“Lo spiedo perfetto richiede anche un fuoco preparato e gestito perfettamente. Bisogna valutare
dove e con cosa lo si prepara, tenendo conto del tipo di legna che si sceglie e delle caratteristiche
del camino, dal tipo di mattoni all’inclinazione della cappa, che sarà più o meno vicina alla carne
conducendo, quantità diverse di calore: in linea generale, come riporto nel manuale, lo spiedo,
nelle prime due ore, va cotto a fiamma bassa e ad una temperatura max (dentro la carne) di 40-45
gradi”.
Come si giudica uno spiedo fatto a regola?
“Una volta seduti a tavola ci sono delle buone  prassi da seguire per valutarne la qualità. Si parte
dall’analisi visiva relativa alla disposizione dei vari pezzi di carne e dai colori che compongono il
piatto (anche l’occhio vuole la sua parte). Passando alla degustazione vera e propria, occorre
valutare l’equilibrio fra morbidezza e croccantezza dei diversi pezzi, l’uso corretto delle erbe
aromatiche e la scelta dei contorni. L’Accademia da disciplinare prevede erbe cotte, radicchio e
fagioli. La polenta da usare dovrebbe essere bianca ma spesso, e qui chiudo un occhio, alle sagre
paesane si usa quella gialla, facendo uno strappo alla regola.”
“Lo spiedo è sì rispetto della tradizione e tecnica – conclude Foltran – ma non bisogna mai
dimenticare l’obiettivo ultimo che muove il bravo spiedista, ovvero fare felici i propri commensali,
mettendo prima di tutto passione e spirito conviviale. Gli errori? Sono sacrosanti anche nella
preparazione dello spiedo; d’altronde, come in tutte le cose della vita, è solo sbagliando che
s’impara”. 

Intervista a cura dell’Accademia dello Spiedo

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