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MARLENE KUNTZ LIVE AL NEW AGE, L’EMOZIONE DI NUOTARE ANCORA NELL’ARIA – CATARTICA TOUR SCALETTA E RECENSIONE

di Mauro Pigozzo

All’improvviso è accaduto l’ineluttabile. Riff di chitarra, adrenalina che pulsa, complimenti a molle. Esplode Festa Mesta. E nessuno ha più tempo di guardarsi in giro, di vedere una generazione di quarantenni e cinquantenni dai capelli bianchi e dai sogni appesantiti dall’età. La rabbia urlata si prende il centro del palco, sotto il pogo lieve e coraggioso dei fedelissimi, di quelli che gli anni sono passati ma l’anima è sempre quella.

New Age, templio del rock veneto, 19 aprile 2024. Marlene Kuntz dal vivo, è il trentennale di Catartica. Un disco che è diventato spartiacque di un momento emotivo tutto italiano. C’è chi in quella scena ha visto l’onda lunga del grunge di Seattle, chi ha letto una generazione che voleva solo incendiare tutto, chi ha ridotto l’esperienza ad un underground provinciale e lontano dalle hit commerciali. Forse erano solo i nostri vent’anni, null’altro che un graffio di gioia nel cielo.

E loro, quelli che dentro il cuneo si muore, erano lì. La formazione è cambiata (e ne parleremo più avanti, anche questo è dolore), certi passaggi tecnici sono rimodulati. Ma l’anima è sempre la stessa: muri di chitarre, batteria che spacca ogni dubbio. E Cristiano Godano, oggi ormai in corsa verso i sessant’anni, capace di un fisico esangue e lisergico: camicia aperta e sudata, soliti capelli. Al suo fianco, solo Riccardo Tesio della formazione storica.

“Molte Grazie”, lo abbiamo sentito dal palco pronunciare quelle sacre parole, a cui aveva abituato i fan. Poi ha voluto precisare, usando persino il passato remoto, che quello che andava in scena era un “perimetro”, era un periodo chiuso, era qualcosa di diverso dall’oggi. Ma quando sei riuscito ad entrare nella mente di Dio e scagliare sulla terra Catartica, Il Vile e Ho Ucciso Paranoia quel perimetro non è qualcosa di occasionale, è un barlume di infinità. Quindi chissenefrega della svolta emozionale e intimistica, delle ballate emotive e del pulviscolo sulle serrande alzate: ragazzi, al New Age l’altra sera si è rivissuta la storia.

E la scaletta che Godano ha voluto per la notte della rimpatriata degli amici di un tempo – più camice che t-shirt tra i maschietti, più jeans che gonnelline tra le fans – è stata letteralmente perfetta. Non ha sbagliato nulla, e lo dice uno di quelli che dopo il 2000 ha continuato, anno dopo anno, a comperare i dischi e a seguire i live, sempre alla ricerca di quel 1994 che ormai sembrava già cancellato dal tempo. Perché un artista vuole proseguire, evolvere, migliorare e difficilmente accetta di aver giù raggiunto le vette più alte. Kurt è sempre lì, monito di una giovinezza mai sciupata nelle mediazioni della vita adulta.

Beh, la scaletta, si diceva. Partiamo dal palco: essenziale. Sfondo di tela bianca, forse stropicciata dagli anni; luci basilari. Rock, non spettacolo. Colori che variano. E poi via, tutto d’un fiato. Ricordi Federica i tuoi sandali? E neanche il tempo di innamorarsi ed è già la Canzone di Domani e di me che scopo col giorno avvenire ma non vengo mai, e la Gioia che mi do. Temi tutto sommato intimistici: giusta la scelta di portare hit che raramente si sentivano ai concerti d’un tempo, da Aurora ad un epico Lamento dello Sbronzo, passando per una dolcissima Infinità e l’infernale racconto della marcia mela. Merita una citazione a parte Ineluttabile, spettacolo poetico senza precedenti: un testo che dovrebbe essere studiato a scuola.

Ma era solo l’inizio, il modo per dirsi: bentrovati. Poi è accaduto quello che nessuno credeva potesse più accadere. Perdere vent’anni, perdere trent’anni in poche note. Inizia tutto con Lieve, quella canzone che li rese eterni grazie a Lindo Ferretti e a quella sua versione acustica che ancora oggi è oggetto di discussione: meglio l’originale o meglio quella dei Csi? Sai che è giunto il momento, ed ecco in rapida successione Festa Mesta, con annesso il moderato pogo dei cinquantenni che non vogliono spaccarsi la schiena.

E poi l’Orso sul palco prende il bastoncino della batteria, lo infila tra le corde dell’ennesima sua chitarra, e racconta di tasche sfinite, vociare di monete obsolete. Nessuno, in quel momento, tira fuori la carta di credito per pagarsi una birra. È il tempo di urlare a squarciagola parole che hanno costruito una generazione.

Perché subito dopo è ora di piangere, è il tempo del dolore che lacera l’anima. Arriva una sola parola, Pelle. Ma è la tua, proprio quella che mi manca. E vedi le mani librarsi nell’aria, danze silenziose. Canta Godano che è certo un brivido, averti qui con me, in volo libero sugli anni andati ormai e non è facile, dovresti crederci, sentirti qui con me, perché tu non ci sei. Sembrava il dialogo di ognuno con sé stesso, il ritorno a quando avevamo tutto per possibilità. Giovinezza, rabbia, forza, coraggio.

Non si poteva chiedere oltre, sfiniti gli MK hanno lasciato il palco prima dei bis. Ed ecco il ritorno, con “Ti voglio dire”, una canzone di Godano da solista, che parla dell’amicizia. La dedica a Luca Bergia è un tuffo nel dolore, di nuovo, di un amico che non ha avuto la forza di affrontare la normalità. E come stavamo ieri è stato il giusto corollario prima dell’escalation finale.

Intanto, Ape Regina. Canzone che ricordiamo di apertura a quello storico live di Villafranca, quando i Marlene Kuntz ebbero come spalla i Coldplay. Sì, i Coldplay, proprio quelli là. Pomeriggio assolato, noi c’eravamo e abbiamo chiesto gli autografi a quei ragazzi, soli di fronte al banchetto dei loro cd. Ci ringraziarono per l’attenzione, ci spiegarono che stavano lavorando ad un bel progetto e che per loro era un onore suonare in Italia alle quattro di pomeriggio. Noi al tempo facemmo i complimenti dicendo che però si era lì per Godano, mica per te, come ti chiami? Chris Martin. Sì Chris, belle le tue canzoni ma di quella notte ricordiamo l’Ape Regina divina e dorata.

A quel punto mancava solo lei. La canzone che raramente Godano suonava, quel pugno che in realtà era stato l’inizio di tutto, la dedica al mondo, l’urlo con il quale annunci di esser nato. Lascia che ti vomiti un’onda di parole, ma ma Marlene, è la migliore: MK OK!.

Ho salutato un amico, lì vicino. Lui, la figlia, l’ha chiamata Marlene. E le luci allora si possono spegnere, il buio può tornare ad avvolgere le nostre vite. Son passati trent’anni, probabilmente non ci rivedremo più tra trent’anni al New Age. Ma che bello aver vissuto.

LA SCALETTA – MARLENE KUNTZ LIVE EW AGE – CATARTICA TOUR – 19 APRILE 2024

TRASUDAMERICA

CANZONE DI DOMANI

GIOIA CHE MI DO

FUOCO SU DI TE

AURORA

L’AGGUATO

LAMENTO DELLO SBRONZO

MALA MELA

1° 2° 3°

INFINITÀ

INELUTTABILE

LIEVE

FESTA MESTA

SONICA

NUOTANDO NELL’ARIA

Ti voglio dire (Cristiano Godano song)

COME STAVAMO IERI

APE REGINA

MK OK

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