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UE: COLDIRETTI, SU DIRETTIVA AMMAZZA STALLE,  OCCASIONE PERSA

Salvan: “Allevatori veneti penalizzati. Il comparto zootecnico regionale è eccellenza nazionale e va tutelato” 

12 marzo 2024 –  È stata votata dagli europarlamentari, a Strasburgo, la direttiva sulle emissioni industriali che inevitabilmente si ripercuoterà sulle nostre stalle. Si tratta di un voto del trilogo senza emendamenti. A darne notizia la delegazione di Coldiretti che era presente nella cittadina francese in occasione del voto con gli agricoltori europei del Copa Cogeca. “L’Unione Europea ha perso l’ennesima occasione di invertire la rotta, adottando questo estremismo green” commenta il presidente  di Coldiretti Veneto Carlo Salvan -. La nuova direttiva provoca il terribile rischio della chiusura di migliaia di allevamenti, già stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero”. Il trilogo europeo ha confermato l’inasprimento dei criteri per ottenere l’autorizzazione di impatto ambientale per le aziende avicole e suinicole. Resta, invece, l’esclusione delle stalle bovine dalla direttiva, come richiesto da Coldiretti.

Le ricadute sono rilevanti: “Il Veneto è leader nazionale per l’avicoltura con il 50% del valore della produzione – spiega Salvan –  A Verona spetta il primato regionale e a seguire  Padova e Treviso. Quarta regione a livello italiano per la suinicoltura – continua Salvan –  con la provincia scaligera che detiene 1/3 del totale veneto. A rischio chiusura centinaia di allevamenti di suini della filiera Dop, ovvero Parma e San Daniele, produzioni d’eccellenza. A Padova c’è preoccupazione per le sorti della Dop nostrana, il Prosciutto Veneto Berico Euganeo, che ha il suo fulcro nel montagnanese e nell’area confinante della provincia di Vicenza grazie alla presenza di storiche aziende agricole specializzate nella produzione di qualità. 

“Sarà una delle cose che Coldiretti su cui chiederemo di lavorare al prossimo parlamento, ovvero correggere queste scelte che vanno a penalizzare tutti gli allevatori, sia quelli italiani che europei – prosegue Salvan – Come ha riferito il presidente nazionale Ettore Prandini, non ci fermiamo qui”.

La direttiva votata riguarderà numerosi allevamenti di suini e di pollame di medie e piccole dimensioni, con il risultato che sopravviveranno soprattutto le aziende di grandi o grandissime dimensioni, continuando quel processo di polarizzazione delle imprese agricole (molto grandi o molto piccole), contrario agli obiettivi della Commissione europea e non positivo per la tenuta del tessuto rurale italiano e, più in generale, europeo. Penalizzate tra l’altro le aziende suinicole coinvolte nelle produzioni a Denominazione di origine protetta (Dop) assoggettate ai nuovi oneri, mettendo a rischio un comparto chiave dell’economia agroalimentare, turistica e dell’export italiani. Si tratta del risultato di una valutazione d’impatto basata su dati imprecisi e vecchi, e di un approccio ideologico che va stigmatizzato, anche perché potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente, riducendo le aree a pascolo (perdita di biodiversità e paesaggi, minaccia alla vitalità delle aree rurali, ecc.). Ciò significa non riconoscere gli sforzi che gli allevatori stanno compiendo per aumentare la sostenibilità delle loro aziende che, su scala globale, sono già quelle che registrano le migliori performance in termini di impatto ambientale e mitigazione dei cambiamenti climatici. Ma in pericolo c’è anche la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione. O, ancora peggio – aggiunge Coldiretti – di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici. L’allevamento italiano conclude la Coldiretti – è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 55 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

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