Riceviamo e pubblichiamo.
Quando si discute di Alternanza Scuola Lavoro (ASL) è necessario partire dall’idea che ogni persona non è solo uno “strumento per il mercato” ma detiene in ogni campo, situazione o luogo un sapere indispensabile, attraverso la conoscenza in ogni sua forma. Questa crescita continua di apprendimento è frutto dell’incontro di sapere e conoscenza di cui ogni individuo è portatore nell’esperienza formativa.
Le competenze si sviluppano non solo a Scuola ma anche fuori dalla Scuola, in un mondo interattivo, il cui contesto lavorativo nell’attività dell’alternanza scuola lavoro può essere per gli studenti un valore aggiunto che deve avere il compito di arricchire il profilo educativo, culturale e professionale in un ambiente che deve essere circolare nella sua interattività in cui le competenze oggi risultano indispensabili.
È un concetto che parte da lontano che abbiamo sempre sostenuto poiché l’innovazione, quella spesso declamata da più parti interessate, deve passare per la conoscenza affinché diventi e si esprima come competenza.
Il sapere e la creatività devono esprimersi per essere apprendimento esperienziale in cui la formazione sia l’inizio di un percorso continuo di vita per sviluppare quella cittadinanza attiva di futuri cittadini.
Oggi l’attuazione della Legge 107/2015 (cosidetta Buona Scuola) rende obbligatoria per tutte le Scuole superiori del paese una programmazione, nel triennio, di 400 ore per gli istituti tecnici e professionali e di 200 ore nei licei, da svolgersi anche nei periodi di sospensione delle attività didattiche e anche all’estero, che coinvolgerà quest’anno scolastico 1 milione e mezzo di studenti italiani di cui 144mila in Veneto.
È un impegno enorme che sta mettendo a dura prova le capacità organizzative e di progettazione degli istituti superiori e la disponibilità delle imprese e degli enti pubblici e privati, soprattutto nelle aree in cui il tessuto produttivo risulta più fragile e privo di esperienza formativa.
Credo che favorire l’orientamento dei giovani per valorizzare le vocazioni personali e gli interessi anche in altri ambienti diversi dalla scuola, possa avvenire attraverso l’ASL nella consapevolezza da parte di tutti che l’Alternanza è una metodologia didattica innovativa, dove più parti interessate sono coinvolte nella cosiddetta co-progettazione, in modo tale da definire e precisare che l’alternanza scuola lavoro è cosa ben diversa dal tirocinio, né tantomeno può essere confusa con l’apprendistato che è un rapporto di lavoro a tutti gli effetti.
L’alternanza scuola lavoro può essere uno strumento utile per sviluppare nei ragazzi le capacità critiche di comprensione, di interpretazione e di cambiamento della realtà se ciò avviene in un percorso formativo coerente e co-progettato, di comune accordo tra scuola e azienda/ente, per ritornare a scuola e rielaborare, valutare e documentare quanto è accaduto in una logica di ricerca continua.
Ma siamo davvero convinti che ciò avvenga? Quante sono le aziende effettivamente disponibili a condividere questo percorso? Quante aziende sono coerenti con quel progetto formativo? Quante aziende sono in possesso dei requisiti necessari, così come stabilito dalle Linee Guida del MIUR, per stipulare convenzioni?
A partire dalle capacità strutturali, tecnologiche, organizzative persino didattiche nella figura del tutor aziendale!
In molti contesti purtroppo c’è stata solo la pressione di sistemare i ragazzi, la corsa per collocarli ed adempiere a tale obbligo tentando di trovare ambiti il più possibile coerenti all’indirizzo e alle attitudini. Ciò non è sempre possibile, specie per i Licei che hanno maggiori difficoltà e, inoltre, a differenza degli Istituti tecnici e professionali non hanno esperienze precedenti di Alternanza scuola lavoro. Un obbligo che si deve concretizzare con l’esame finale, senza dover rifare tale percorso nel caso che uno studente ripeta una delle ultime tre classi.
Come ben evidenziato da un’indagine svolta dalla Rete degli studenti su 4000 questionari somministrati, che se da una parte c’è quasi uno studente su due che valuta il proprio percorso come positivo, coerente con il percorso di studi, dall’altra c’è anche uno studente su tre che lo giudica pesantemente negativo poco formativo e per nulla coerente. Ciò significa, afferma il rapporto degli studenti, che il sistema non sta rigettando lo strumento, ma è necessario ripensare ad un modello di ASL che sappia esprimere tutte le sue potenzialità per fare quel salto in avanti per poter essere promossa.
Sbaglia chi in questi giorni, anche sui quotidiani Veneti, considera le critiche degli studenti come “ingenerose”, al contrario in molti casi sono critiche giuste e documentate. Si tratta di intervenire rapidamente per correggere le storture e i problemi organizzativi nella gestione dell’ASL, anche in Veneto, dove i problemi non mancano.
Credo che sarebbe stato meglio avviare una discussione su come realizzare questa riforma, se così possiamo definirla, ripensando i contenuti di una programmazione per unità di apprendimento in modo tale che nessuno restasse escluso. Una discussione da avviare con il personale della scuola per consentire a tutti un anno di riflessione, formazione e avvio delle condizioni di gestione, costruzione e consolidamento di reti e relazioni sul territorio. Ciò non è avvenuto. Peccato!
Segnaliamo infatti la preoccupazione che a tutt’oggi nel Registro nazionale per l’alternanza, previsto dall’art.1, c.41 della Legge 107, sono iscritte pochissime aziende. Quali sono le cause? Come fare per motivare all’iscrizione?
Bisogna ribadire con forza che gli studenti in alternanza svolgono attività di apprendimento e non attività lavorativa, riteniamo che debbano essere “protagonisti” coinvolti, consapevoli e critici dell’alternanza per non mettere in dubbio il valore dell’alternanza scuola lavoro.
Marta Viotto seg. gen. FLC Veneto