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DESTINI INCROCIATI: ANDRE’ CADERE VS BIAGIO PANCINO

“Un artista ha la responsabilità sociale di disseminare
le sue idee attraverso presentazioni non convenzionali”
 André Cadere (artista Rumeno in Parigi)

Alcune sorprese si sono potute vedere alla mostra Fare Mondi di Daniel Birnbaum nella 53° Biennale Internazionale d’Arte di Venezia ed erano riferite a presenze di artisti già deceduti, però ben presenti nella scena artistica internazionale: Blinky Palermo, Oyvind Fahlstrom e Andrè Cadere. Di quest’ultimo si trovavano diverse targhette con il nome nelle varie sale che si percorrevano e questo perché vicino alla didascalia vi stava una barra colorata composta di diversi anelli di diverse misure.

Andrè Cadere era un romeno che, nato in Polonia a Varsavia nel 1934 e morto a Parigi nel 1978, negli anni Sessanta (1967) sbarcava a Parigi in cerca di fortuna. La sua era una ricerca di sé, di una vera e propria identità che gli era negata nell’Est del blocco sovietico e quindi la cercava fra gli emigranti, in attesa di conoscere l’ambiente: il milieu artistico parigino. In questa frequentazione di artisti degli anni Sessanta, egli portava con sé il seme della marginalità, prima politica che aveva conosciuto nei Paesi Comunisti, poi della diversità in quanto rumeno che arrivava immigrato a Parigi. Qui, in questa metropoli multietnica, si chiarirà la sua coscienza artistica proto concettuale che si muove fra un concetto di arte “situazionista” e la richiesta di libertà di movimento mentale di cui tendeva ad individuare l’impedimento nel potere  politico e nella struttura della gerarchia artistica: gallerie, mercato e musei. Come sempre succede negli ambienti intellettuali vi sono artisti che si ritengono più artisti degli altri e quindi il suo inserimento nell’entourage parigino presenta pure delle difficoltà dovute ad un modo diverso, altro, di leggere la cultura artistica di quel Paese e di denunciarne la struttura di potere. Ovviamente l’immigrato è sempre sotto esame, gli è richiesto di più e spesso per dissuaderlo dal far parte del gruppo cui vorrebbe appartenere, quindi per estrometterlo elegantemente.  Scegliendo di non dipingere o fare arte in maniera tradizionale, André Cadere inventa una sua arte pittorica fatta di barre e anelli di legno che hanno dei rapporti matematici fra altezza e diametro e dei rapporti interni di colore.  La stessa altezza delle barre di legno rivestite da anelli di legno colorato gli serviva per creare un disequilibrio nell’ambiente artistico parigino. L’artista portava con sé queste opere nel suo girovagare per la città o le installava in ambienti pubblici: bar, angoli di strada, carrozze del metrò, esposizioni di amici artisti. Diversamente da Buren che usò nella sua opera elementi standardizzati, Cadere accetta l’anomalia nella ripetizione, anzi fa di questa un elemento d’incoerenza quale correzione dell’elemento standard, infatti la barra di legno colorato non mantiene sempre i medesimi rapporti: rosso, blu, bianco ma li altera mettendo diversi bianchi poi rosso, blu e così via. Inoltre quest’anomalia strutturale riprende anche il suo ambito operativo e nella disposizione delle singole aste in sequenze e così pure nella variazione delle loro misure di altezza e spessore, come nell’abitudine di collocarle in spazi interstiziali. Il suo malessere di immigrato, il sentirsi diverso, fa sì che diventi questa la ricerca di un elemento che interferisce nella norma e da qui scatta il concetto d’incoerenza, di anomalia.

In quegli anni, fra gli artisti che cercano di farsi strada a Parigi, vi è Biagio Pancino, pittore italiano che vive a Parigi dal 1952, il quale dopo aver fatto diversi mestieri finalmente ha un contratto con un mercante d’arte per la sua pittura dalle radici veneto espressioniste e che si sta muovendo verso la scultura con un grande senso dell’innovazione.  Crea delle piccole sculture con i legni delle sedie Thonet che lo stesso André Cadere trova splendide e innovative e lo va a scrivere nel libro delle presenze della Galleria Mou: “Bravo, c’est une sculpture nouvelle! A. Cadere”. Ma questa è un’altra storia.

BIAGIO PANCINO VS ANDRE’ CADERE

Caro Boris dopo la nostra comune visita alla 53esima Biennale d’Arte di Venezia ho cercato di ricostruire alcuni pensieri in riferimento alla tua richiesta di raccontare la storia della mia amicizia con Andrè Cadere che molto ti ha colpito col suo lavoro alla mostra Fare Mondi di Daniel Birnbaum.  Eccoti le seguenti note a tale proposito. “Alla vernice della mia esposizione di sculture alla galleria Mou in Parigi nel Novembre del 1967 incontrai per la prima volta Andrè Cadere che era accompagnato dal suo amico Bishofphausen e  il gallerista Weiller. M’invitò subito a vedere la sua esposizione, che allestiva dopo qualche giorno, presso il Marché d’Art Expérimental. Lì presentava un lavoro di tendenza op/art policromo (il celebre bastone lo portò in giro solo tre o  quattro  anni dopo). Mi presentò al gallerista Jannink, il quale visto l’entusiasmo di come Cadere  parlava del mio lavoro mi prese senza esitazione nello staff della sua galleria. A ciò seguì una mia presenza nella collettiva “Confrontation 68” alla galleria Zunini dove incontrai  Cadere . Da quel momento ho condiviso con Cadere la mia vita parigina assieme agli altri artisti della galleria: i lettristi Lemaitre e Isou; i situazionisti Wolman, Dufrene e J.L. Brau e fra gli altri Claude Rutault, Aubertin etc.. In seguito nel 1972 mi stabilii a Sens e così persi di vista un po’ tutti, ovviamente ci vedevamo nei vernissages alle mostre, nelle gallerie di riferimento e nei caffè. Si frequentava in quel periodo gli stessi quartieri e luoghi che erano della nostra generazione. Di lui, nel mio ricordo personale lo rivedo alto, distinto, ben curato sempre con il suo sorriso un po’ mesto e il discorso pacato e semplice. Poi negli anni 1971/72 appariva sempre accompagnato dal suo bastone colorato: “Il mio sostegno” lo chiamava. Mi ricordo che durante la contestazione indetta contro un’esposizione al Pompidou nel 1972 nella zona del Grand Palais egli fece un’azione tattica che ci sorprese tutti.  Mentre si spostava seguendo i manifestanti un poliziotto CRS lo bloccò a causa del suo bastone dicendogli : “Lei non può passare con quest’arma! Si fermi”. Egli rispose: “Nossignore, questa è un’opera d’arte ed è la mia arma!”  e proseguì in mezzo alla folla. La sua morte precoce ci ha sorpreso un po’ tutti.”

Biagio Pancino

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