Mettere a fuoco l’arte del nuovo millennio richiede lenti per miopi o per presbiti? Il logo sfocato e capovolto, by Ikigai.media, dell’edizione 2018 su campo giallo in stile “lavori in corso”, propone subito un esercizio visivo e più di un interrogativo sulla capacità di visione di cosa sia oggi l’espressività artistica. The Others vuole essere una lente, o forse un cannocchiale, per individuare l’arte che verrà e scovare nuovi collettori di talenti. Medicale e alternativo anche il luogo scelto, l’ex Ospedale Regina Maria Adelaide in Lungo Dora Firenze 87 a Torino, che dall’1 al 4 novembre ospita la manifestazione più underground e irriverente della Contemporary Art Week. La fiera ideata otto anni fa da Roberto Casiraghi non ha paura di innovare e di ampliare lo spettro concettuale, emotivo, emozionale e geografico.
Più di quaranta le gallerie e associazioni culturali presenti quest’anno, due terzi sono straniere, una percentuale praticamente capovolta rispetto al 2017 quando il 65% degli espositori erano italiani, grazie anche al lavoro di ricerca svolto da un board curatoriale rinnovato e dal respiro internazionale, coordinato da Bruno Barsanti. Un gruppo di ambasciatori e globetrotter dell’arte che vivono tra Berlino, Bruxelles, Copenaghen, Mosca, Parigi e Santander e lavorano in tutto il mondo. Sono giovani Alejandro Alonso Diaz, Yulia Belousova, Pietro Della Giustina, Iben Bach Elmstrøm e il collettivo SUPERDEALS e hanno lavorato con The Others con competenza ed entusiasmo.
Novità assoluta la sezione Expanded Screen, dedicata alla video installazione e con un titolo che fa il verso all’expanded cinema teorizzato dal critico e accademico americano Gene Youngblood nel 1970: “Expanded Screen nasce dalla consapevolezza che gli schermi e le immagini in movimento occupano un ruolo sempre più centrale nella creazione artistica e più in generale nel nostro modo di vivere” – spiega Barsanti – “La nuova sezione pone l’accento sul video, ma anche sulla superficie e sulle modalità attraverso cui le immagini diventano fruibili.” Tra gli espositori
della sezione 1646, dai Paesi Bassi, porta l’opera di Sam Keogh ad esempio, mentre lo spazio estone FOKU una video installazione di Mari-Leen Kiipli.
Spiazzanti le tredici interpretazioni site specific che si misurano con le vecchie sale operatorie, l’area accettazione, la sala d’attesa, gli spazi delle cucine, l’area lavaggio e sterilizzazione per i chirurghi con gli arredi originali: fanno parte della sezione Specific e costituiscono un’autentica sfida sia per gli espositori che per i visitatori. Sempre più variegate le presenze della main section e interessanti gli special projects che vedono protagonisti artisti di Francia, Paesi Bassi e Danimarca.
Provocare sé stessi è il claim di sempre: “Confesso che scegliendo il nome The Others un po’ provocatorio intendevo esserlo – sottolinea Casiraghi – non son mai stato uno da scelte confortevoli e rassicuranti. E non ho paura di farmi le domande giuste al momento giusto. Quest’anno mi sono domandato: ma noi fiere d’arte abbiamo ancora ragione d’esistere? O Instagram è fiera, galleria, critico e-buyer tutto in uno? E l’emozione del vivo non conta più nulla?”
Infatti la tavola rotonda Beyond the traditional art fair model in programma venerdì 2 novembre dalle 17.30 alle 19.30 ha chiamato a raccolta alcuni tra i più innovativi format del settore tra i quali POPPOSITIONS Art Fair (Brussels), Paris Internationale (Paris) Tallin Photomonth, (Tallinn). Connesso al tema della tavola rotonda, lo speed talk Does a gallery need a physical space in 2018? è previsto sabato 3 novembre dalle ore 19.15 alle 20.00, preceduto dagli incontri intitolati Why is today’s art so meaningless? con inizio alle 17,15 e The future of independent art publishing alle 18,15.
In chiusura di The Others, domenica 4 novembre, verranno assegnati tre premi, uno per ogni sezione: Specific, Expanded Screen e Main; riconfermato il #premiobottegabaretti che accompagna la manifestazione dal 2015.
