Estendere l’emergenza sanitaria legata alle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) dal Veneto al resto d’Italia. A chiederlo è Carlo Foresta, professore dell’Università di Padova esperto in Pfas, che cita quanto avvenuto in New Jersey, dove il governo ha appena ordinato a cinque compagnie chimiche il pagamento di milioni di dollari per aver inquinato l’ambiente e la popolazione attraverso il rilascio incontrollato degli scarti della lavorazione dei Pfas. Solvay, una delle aziende coinvolte, ha uno stabilimento anche a Spinetta Marengo (Alessandria). Ricordando che “la ormai tristemente nota Miteni di Trissino, nel vicentino, rappresenta il principale produttore di Pfas“, Foresta afferma che Solvay “ne è paradossalmente il principale acquirente e utilizzatore. Per lo stabilimento piemontese sono infatti già noti al Ministero della Salute gli elevati livelli di inquinanti a valle dello scarico nella Bormida di Spigno, dove la concentrazione di Pfas si attesta tra i 300 e i 6.500 nanogrammi per litro di acqua. Rilevazioni condotte dall’Unione europea – continua Foresta – avevano segnalato addirittura già nel 2006 una presenza importante di Pfas rilevata tramite prelievi delle acque del Po vicino alla foce in Adriatico. Risalendo la traccia contaminata lungo il fiume, i tecnici hanno rilevato una presenza di Pfas allo scarico dello stabilimento Solvay proprio in provincia di Alessandria.”. Per Foresta “queste evidenze mostrano come il problema legato all’inquinamento da Pfas non rappresenti un’emergenza sanitaria circoscritta al solo Veneto, ma coinvolga anche il resto del suolo italiano. Oltre a ridurre la contaminazione, bisogna trovare una soluzione medica per ridurre i tassi plasmatici nel sangue di chi ha già contratto i Pfas, che possono durare anche 7-8 anni”.