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La mostra T’AMO PIO BOVE di Boris Brollo

La mostra T’AMO PIO BOVE è ispirata alla poesia di Giosuè Carducci e si terrà al Museo della Città -Torre Sant’Agnese di Portogruaro dal 10 Luglio, con inaugurazione alle alle ore 21,

e sarà allietata dalla Playlist di DJ: Nanni.

La mostra inizia da opere del primo ‘900 sino ai nostri giorni, con gli artisti:

Clara Brasca, Eduardo Cerrone, Giuseppe Cesetti, Max Ferri, Antonio Ligabue, Toni Meneguzzo, Stefano Orsetti, Daniele Pinni, Giovanni Pulze, Cesare Serafino, Ettore Tito, Loris A. Vianello,

G. Wagner

A cura di Boris Brollo e Marcantonio Bolzicco             

Il Bue nella Pittura – excursus

L’inserimento degli animali nella pittura è antico. Le immagini del cane in mosaico si trovano già in Pompei ad illustrare l’avvertimento Cave Canem (attenti al cane) posto nelle abitazioni signorili. Ma cani e uccelli come cagnolini si trovano sparsi nei ritratti, nelle saghe paesaggistiche e nelle scene di matrimonio (il Veronese), cene e via dicendo. Il Bue ha una sua parte nella storia dell’arte e della mitologia occidentale, vedi il Ratto d’Europa dove Giove si trasforma in toro, ed è pure intimamente legato all’iconografia del Nuovo Testamento come elemento essenziale nell’iconologia sacra accanto alla nascita del bambino Gesù. Il pittore Jacopo da Bassano creò un nuovo tipo di dipinto detto Biblico-Pastorale, avviando così la messa in scena del bue dentro la tematica della Pastorale.  Questa si rifà ad un’immagine agreste di un paesaggio idilliaco e romantico posto all’interno della dolce campagna veneta delle colline oggi care all’Unesco. Un paesaggio ritratto all’interno delle quattro stagioni con i mestieri del periodo e accompagnati dallo svolgimento del tempo, ma con al centro del componimento pittorico una coppia di “buoi”, quale asse portante della composizione stessa. Di lì a pochi anni si svilupperà anche in letteratura un movimento poetico detto dell’Arcadia, un’accademia letteraria nata contro l’imperante barocchismo, che porrà al centro poetico la necessità di una vita semplice e legata ai valori della Natura e del territorio agreste.

“Dove uomini e natura vivono in perfetta armonia. È divenuta l’ambientazione della poesia bucolica, inventata da Teocrito e resa nota dalle opere di Virgilio”. Questo sentimento trovò sfogo nel periodo del romanticismo prima con la pittura di paesaggio inglese con Constable,  Reynolds, Gainsborough e Turner che, poi, si rifletté sul nascente Impressionismo il quale non poté esimersi dal riconoscere che in Francia era nato un movimento simile nei pressi di Barbizon, nella foresta di Fontainebleau, in cui non si perseguì“tanto l’idealizzazione o l’elevazione della natura, quanto piuttosto la ricerca di un’autenticità e di un’ispirazione sincera, uno stato di umiltà di fronte alle infinite suggestioni offerte dal Creato”. Il gruppo di questi pittori quali Millet, Rousseau, Daubigny e Corot, fra i più importanti e noti, dette vita ad una pittura di paesaggio che univa l’uomo alla semplicità della vita naturale compresi i suoi animali. Passarono di qui in cerca d’ispirazione sia Monet che Renoir. Siamo alla metà dell’Ottocento. Lo sviluppo della Scuola di Barbizon, cosiddetta, oscilla dal 1830 al 1870. In Italia nel 1855, in un ambiente fiorentino detto Caffè delle Giubbe Rosse, si ritrovavano i nostri pittori dallo Spirito Risorgimentale, che anelavano liberarsi dal giogo austriaco. Fra questi uno dei più dotati fu Giovanni Fattori. Il quale fu un grande ritrattista di scene campestri e molte di queste ritraggono buoi all’aratro, buoi in riposo, o buoi in mandria guidati dai mandriani, detti Butteri. Fattori e i Macchiaioli erano amici di Diego Martelli: un giovane critico che viveva fra Livorno e Parigi portando le novità artistiche della grande città e le innovazioni dei nostri ai suoi amici impressionisti. La prima mostra impressionista si tenne nel 1874. Ed è in questo periodo che il nostro poeta “nazionale” scrive T’Amo Pio Bove (1872)! Quindi dentro un’atmosfera promanatrice di tutte le suggestioni di cui si è parlato sopra. Negli stessi anni pittori americani inventano un loro stile “naturale” incentrato sulla pittura di un paesaggio romantico cercando nella Natura l’idea di Dio in quanto artista del creato (Hudson River School). Questi immigrati spersi in un territorio immenso come quello dell’America, loro provenienti dall’Europa dove le città erano già industrializzate, o in via di sviluppo, ci fa comprendere quanto potente fosse lo shock dell’incontro con una natura, selvaggia ed immensa: che con la pittura si tentava di dominare e descrivere all’interno della tela. T’Amo Pio Bove, riassume queste tematiche in un breve sonetto dalla descrizione potente che lega “l’uomo all’animale indissolubilmente e su un piano di parità, anzi gli riconosce quasi un’intelligenza sensibile superiore in quanto a comprensione e pazienza verso l’umano nel suo affiancamento”. La mostra qui raccoglie alcune testimonianze artistiche che vanno dal primo Novecento ai giorni nostri eseguite da singoli Artisti che si sono confrontati in pittura, foto, e in scultura sul tema del Bue. Buona visione.

Boris Brollo

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