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Il Rem Behavior Disorder: un disturbo spesso trascurato

Il Rem Behavior Disorder, spesso abbreviato in RBD, è un disturbo che colpisce una particolare fase del sonno: la fase REM.
REM è l’acronimo di rapid eye movements, ovvero movimenti rapidi degli occhi: durante questa fase il soggetto sogna molto e presenta una attività elettrica cerebrale molto simile a quella della veglia. Vi è una sostanziale differenza, però: le informazioni dirette verso i muscoli sono bloccate. Questo ci permette, ad esempio, di sognare di correre, senza tuttavia muovere gli arti. E’ come se il nostro cervello “scollegasse” temporaneamente i neuroni deputati al movimento.
Nel caso di un blocco incompleto o parziale, tuttavia, parte delle informazioni del movimento determinate dall’attività onirica riesce a raggiungere comunque gli arti. Questo si traduce in una serie di movimenti e comportamenti anomali durante il sonno, movimenti che solitamente sono molto repentini, rapidi e violenti.
Il Rem Behavior Disorder è dunque caratterizzato dalla presenza di movimenti anomali durante il sonno: è facile comprendere come il disturbo possa essere di difficile diagnosi in soggetti che, ad esempio, dormono da soli. Molto più frequente è l’individuazione in coppie che condividono lo stesso letto, in quanto il partner finirà presto con il lamentarsi.
I movimenti insorgono più facilmente verso la seconda metà della nottata, quando la fase REM diventa maggiormente rappresentata. Il soggetto riferisce spesso la concomitanza di sogni molto realistici, nei quali è sopraffatto da agitazione; non di rado sogna di dover fuggire o affrontare un aggressore. Ecco che, nel letto, compaiono pugni, calci, spinte, balzi repentini. Difficilmente, comunque, il soggetto si alza da letto.
La forma più frequente è la cosiddetta “idiopatica”, ovvero non determinata o causata da una malattia in particolare. Si pensa che questa forma colpisca circa 1 persona su 200. In alcuni casi, invece, l’RBD è secondario a malattie neurologiche, quali i Parkisonismi o la narcolessia.
Vi sono comunque conseguenze anche per il soggetto affetto: i continui movimenti determinano una frammentazione e cattiva qualità del sonno, con ripercussioni durante il giorno seguente. Il soggetto si sente stanco, affaticato, con scarsa capacità di concentrazione. Nei casi più gravi il soggetto può ferire il partner o ferirsi, magari cadendo dal letto o colpendo la mobilia con movimenti violenti.
“In genere per la diagnosi è sufficiente ascoltare e farsi raccontare – anche dai conviventi – segni e sintomi, ma per un riscontro oggettivo è possibile effettuare una polisonnografia” illustra il Dott. Borghetti, neurologo. “Questo studio permette di registrare l’attività elettrica e muscolare dell’individuo, identificando con certezza la presenza di attività muscolare durante il sonno REM.”

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La scrittura è una malattia, che cura da vent’anni con tutto il giornalismo possibile: ha lavorato per due quotidiani, una televisione e mezza dozzina di riviste, guidato da direttore responsabile magazine e siti internet. Autore di un libro storico sul secondo dopoguerra e di un romanzo di narrativa, ama firmare reportage di viaggio ed è membro del Gruppo italiano stampa turistica. Si emoziona per un calice di Prosecco o per una alchimia di gusti nel piatto. Runner per passione, ha vissuto più maratone di quanto potesse sognare ma trova quiete solo correndo tra i monti e nelle note della moonlight sonata di Beethoven. Vive con Ketra, tre gatti e un cane zoppo. È il direttore di Storie di Eccellenza.

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