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I VENETI, LA STORIA E UNA NUOVA TRAIETTORIA DI INSEGNAMENTO

Favaro Gian Pietro, ex insegnante, sindaco di Riese Pio X, consigliere regionale, senatore, presidente della Fondazione Museo Canova di Possagno, curatore di un volume sulla Pedemontana Veneta tra il Brenta e il Piave.  Da qualche anno, uscito dalla politica attiva, coltiva un’antica passione per  lo studio della storia di Venezia e dei Veneti.

Che sono due storie diverse. I Veneti esistono ben prima della fondazione di Venezia alla quale furono sottomessi per “solo” 400 anni. E Favaro ci tiene a sottolineare che furono sottomessi, erano sudditi della “Dominante”, sudditi contenti, in genere, ma sudditi. E aggiunge che il termine  “ Veneto” , nome proprio per indicare un territorio, non esiste nella lingua italiana prima del 1859. Sono concetti che da alcuni anni egli espone negli incontri cui viene chiamato da alcune Università popolari e Centri culturali della provincia di Treviso.

Ad alcuni di questi incontri ebbe occasione di partecipare il Preside dell’Istituto Comprensivo di Riese Pio X, Paolo Boffo, nei giorni in cui la Regione del Veneto promoveva un’iniziativa volta a far conoscere agli insegnanti la storia  di Venezia e del suo impero.

“Una iniziativa  valida, seria,”  dice Favaro, ”finora  si parlava preferibilmente di insegnare ai Veneti la lingua, o il dialetto veneto, cosa assurda e anacronistica: la lingua è il vestito nobile della cultura di cui è espressione, non ha senso insegnarla ignorando il contesto in cui viene o veniva parlata”.

Il Preside Boffo invitò Favaro a parlare di Venezia e dei Veneti  agli insegnanti  dell’Istituto Comprensivo .  “Ho già fatto due incontri: ed è stata un’esperienza bellissima davanti ad una platea interessata”, dice Favaro. “Mi sono presentato dicendo che 55 anni fa iniziavo in questa scuola media la mia carriera di insegnante, come  quei ragazzi, che quasi tutti, non erano ancora nati allora”.

L’argomento dei due incontri hanno riguardato la città di Venezia, la sua laguna, la sua espansione nelle isole del Mediterraneo e poi  nella Terraferma Veneta, l’attenzione per il territorio, le istituzioni che assicurarono alla Repubblica 1100 anni di vita.

Ha parlato della storia di Riese Pio X, inserita nelle vicende territorio,  la Pedemontana Veneta, del clima bellissimo tra Brenta e Piave, dove sono stati trovati i resti di due mammut , dove hanno lasciato tracce evidenti i Reti, poi i Paleoveneti, i  Romani, dove nel periodo della Repubblica Veneta sorsero  due tra le più belle ville venete, a Maser e a Fanzolo, dove visse l’unica regina nella storia della Repubblica Veneta, Caterina Cornaro, dove è testimoniato il genio del più grande artista italiano dell’Ottocento, Antonio Canova.

 

Dice Favaro: Un proverbio indiano afferma che ogni uomo porta sulla sua faccia la polvere sollevata da chi lo ha preceduto sul suo sentiero. La civiltà, la cultura di un popolo, cioè, è figlia della storia di quel popolo, e io sono attento a sottolineare i fatti che hanno contribuito a creare la nostra cultura il nostro modo di pensare, la specificità dei Veneti.

 

I testi scolastici  ci dicono che verso l’anno Mille iniziò una vera rinascita in Europa: si svilupparono le città e soprattutto nacquero i Comuni, una prima forma di gestione partecipata della cosa pubblica. Ma la civiltà comunale degenerò dappertutto nelle Signorie; il Veneto invece agli inizi del 15° secolo fu occupato dalla Repubblica Veneta, la quale lasciò sopravvivere tutti gli organismi di partecipazione democratica delle comunità locali, anzi si fece garante del  loro corretto funzionamento.

“Venezia governava e non amministrava” ha scritto lo storico veneziano Giuseppe  Gullino e il nostro (di Oderzo) Ulderico Bernardi  invita a cercare la cultura veneta “ all’ombra dei campanili “.

 

La cultura delle autonomie, delle piccole comunità, la nostra fiducia nell’ente locale, il senso di responsabilità, la specificità, che ha fatto dei Veneti un popolo grande (e ricco) vengono di qui. E ogni comunità tendeva ad essere autonoma anche dal punto di vista economico e perciò sfruttava nel modo migliore le risorse del territorio, quelle agricole e quelle idriche: i resti di antichi manufatti e la toponomastica testimoniano l’esistenza nel nostro territorio di molte attività artigianali: mulini. segherie, magli, folli per la lavorazione della lana… Qui dobbiamo cercare la spiegazione del nostro boom economico dell’ultimo dopoguerra…

Ancora Favaro: Ma in queste realtà sviluppatesi “all’ombra del campanile” forse dobbiamo cercare anche il fatto di cui spesso ci accusiamo o lamentiamo noi Veneti: siamo un gigante  economico, ma un nano politico, siamo spesso spaesati quando ci si chiede di ragionare in grande, di fare rete, quando siamo obbligati a confrontarci con realtà più grandi. E’ bene studiare la storia veneta  per rinverdire l’orgoglio per il nostro passato, per prendere coscienza delle nostre specificità positive, per amare il nostro territorio, ma anche per liberarci dai condizionamenti negativi.

 

 

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La scrittura è una malattia, che cura da vent’anni con tutto il giornalismo possibile: ha lavorato per due quotidiani, una televisione e mezza dozzina di riviste, guidato da direttore responsabile magazine e siti internet. Autore di un libro storico sul secondo dopoguerra e di un romanzo di narrativa, ama firmare reportage di viaggio ed è membro del Gruppo italiano stampa turistica. Si emoziona per un calice di Prosecco o per una alchimia di gusti nel piatto. Runner per passione, ha vissuto più maratone di quanto potesse sognare ma trova quiete solo correndo tra i monti e nelle note della moonlight sonata di Beethoven. Vive con Ketra, tre gatti e un cane zoppo. È il direttore di Storie di Eccellenza.

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