STRANIERI OVUNQUE un titolo semplice per un concetto efficace di mostra
per la Biennale Arte di Venezia del 2024. Adriano Pedrosa, dal 2014 Direttore Artistico de Museu de arte de São Paulo in Brasile, ora Direttore del settore Arti Visive, si rifà al nome del collettivo parigino di Claire Fontaine che a sua volta ha preso il nome da un altro collettivo omonimo che opera a Palermo. L’idea de “Lo Straniero”, al di là della migrazione epocale che stiamo vivendo, c’era già nella nostra filosofia europea, insediata nel nostro pensiero grazie all’esistenzialismo francese di Sartre, poi riassunto letterariamente da Camus con il suo Lo Straniero (L’étranger).
Ne “Lo Straniero” di Camus si coglie la rappresentazione plastica di cosa sia l’estraneità, di cosa significhi essere straniero tra gli uomini, straniero per te stesso, straniero per l’universo. L’affacciarsi del protagonista al sole che lo disorienta e ne scompone la vita è già una scena pittorica, ma probabilmente Adriano Pedrosa vuole tradurre questo nella metafora artistica che scorre nel mondo per tramite di un modernismo che viene “cannibalizzato” da ogni artista che opera nei diversi continenti. Così lo Stranger, Estranho, o E’tranger, svilupperà opere complesse appartenenti alle diverse culture che egli abita: la sua d’origine e quella del Paese dove vive, dando poi soggetto a forme uniche desideranti e perturbanti. Come l’artista queer che rifletterà sulla sessualità. O l’artista outsider che si trova ai margini del mondo o fuori di esso. Così come l’autodidatta per la sua interpretazione di una cultura a due corna, o ancora, l’artista indigeno o folk col suo genius loci. Queste figure saranno fondanti per la Biennale prossima, ma vi sarà pure un Nucleo Storico di artisti che hanno vissuto in terre che non erano le loro. Italiani, che emigrati in America Latina daranno una visione di questo loro passaggio culturale, di questo loro vissuto strabico fra due culture. Ed è questo uno dei motivi che ha indotto il presidente Roberto Cicuto a scegliere Adriano Pedrosa che vive e opera in Brasile, cioè in un continente del Sud America, il quale porterà, si spera, uno sguardo nuovo sul mondo che non sia il solito sguardo sulle avanguardie storiche europee od americane. Il Brasile negli anni sessanta ha dato con il suo movimento Tropicalista grandi idee all’arte ed alla musica, soprattutto con Gilberto Gil e Caetano Veloso e, influenzato dalla poesia concreta, una corrente di poesia d’avanguardia brasiliana, che vede tra i suoi esponenti Augusto de Campos, Haroldo de Campos e Décio Pignatari.
Non si dimentichi che la Biennale di Venezia, madre di tutte le attuali biennali, ha “figliato” la sua seconda biennale proprio a San Paolo do Brasil ai primi anni sessanta. Non ultimo, nel 1979 il Brasile ha nutrito l’avanguardia europea dello Shock Amazzonico di Pierre Restany. Questi è vissuto nella giungla amazzonica per 40 giorni senza supporti civili, uscendone con un Manifesto do Naturalismo Integral a firma sua e di Krajcberg Frans e Baendereck Sepp, dove spiega la necessità per l’artista di congiungersi con Madre Natura trovando giusta catarsi nell’arte.
Una sezione speciale del Nucleo Storico della mostra di Pedrosa alla Biennale sarà dedicata alla diaspora degli artisti italiani che hanno viaggiato all’estero e vi si sono trasferiti costruendo le loro vite professionali in Africa, Asia e America Latina, come nel resto dell’Europa, tramite la migrazione. I quali integrandosi hanno svolto un ruolo significativo nello sviluppo delle narrazioni moderniste ricavandone una loro visione artistica. La stessa struttura della Biennale reca in sé questo germe: nell’accogliere per sua scelta i Padiglioni stranieri delle varie nazioni e popoli del mondo in Venezia. Denunciando così la sua natura multiforme, aperta al mondo, che si va di volta in volta mutando e costruendo sempre su visioni e storie diverse. Questa, della Biennale, la sua natura culturale e questa la sua missione nel mondo.
Il curatore Boris Brollo