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L’impresa di Marco, è il primo italiano all’Ironman del Sud Africa

Marco De Nardi ha 40 anni e lavora per il corpo nazionale vigili del fuoco da quasi 18 anni con servizio a Treviso. Sposato, una moglie e due figli. Una vita normale? Quasi, perché lui è un uomo di ferro: è stato il primo italiano alla durissima competizione dell’Iron Man in Sud Africa.

Ma andiamo con ordine. “Per me lo sport è uno stile di vita”, racconta. “Dopo molti anni di pallacanestro e l’anno sabbatico del militare nel quale non mi sono potuto allenare ai miei consueti ritmi, ho deciso di dedicarmi al triathlon ormai da una decina d’anni, negli ultimi quattro ho iniziato ad allungare le distanze mettendo nel mirino le gare leggendarie, quelle lunghissime dell’Iron Man. Mi alleno con la squadra A3 triathlon con sede a Pederobba, una società che rispecchia quello a cui credo: i valori del divertimento e della sana competitività”.

A forza di allenarsi, Marco – originario di Giavera del Montello, nel Trevigiano – ha deciso quindi di provare l’impresa che in molti sognano ma che in pochi hanno il coraggio di affrontare, e ancor meno riescono a portare a termine: l’Ironman. Una sfida di 3,8 chilometri di nuoto, seguiti da 180 chilometri in bici e dalla maratona. Tre follie messe una dietro l’altra, che possono capire solo gli sportivi: leggere i numeri non rende l’idea dell’epicità della sfida. Marco ne prova tre, di Ironman.

Infine, ecco il suo quarto. “Ho deciso di sfidarmi nel mio quarto Ironman il 5 marzo in Sud Africa a Port Elizabeth”, racconta. “Mi sono allenato duramente tutto l’inverno e anche facendo 1 settimana di allenamenti specifici a Lanzarote, nelle isole al caldo, dato che la gara proponeva un clima estivo mentre da noi stavamo vivendo l’inverno”.

Lo start della gara era alle ore 6.30, diretti verso l’oceano con sullo sfondo la famosa Shark Bay. La distanza “normale” è stata ridotta a 800 metri di nuoto, per via dei fulmini e di un mare mosso che incuteva timore. All’uscita dall’acqua Marco si è buttato sulle pedivelle per 180 chilometri (con 1600 metri di dislivello flagellati da un paio di ore di pioggia. Il suo parziale è ottimo: 5h10’. “Il percorso è stato duro, ma incantevole, tra foresta dune di sabbie e la costa ventosa”, racconta oggi. Poi è arrivata quella che per molti è la sfida di un vita intera, mentre per gli uomini di ferro è solo la chiusura dell’impresa: la maratona. “Per me è il punto dolente, ci ho messo 4 ore 36 minuti. Il che ha portato il totale complessivo del tempo a 10 ore e otto minuti, poco sopra l’asticella delle dieci ore che mi ero prefissato ma son stato comunque felicissimo”.

Marco infatti è arrivato primo fra gli italiani e 154esimo su 641 partecipanti, atleti provenienti da tutto il mondo per una gara epica. “Sono felice di aver lottato e fatto ciò che mi piace soprattutto per chi mi sosteneva da casa (famiglia e amici) o era lì con me (mia mamma)”, racconta. “Al mio fianco per aiutarmi al meglio ho avuto la fortuna un gran allenatore (Marco Stradi) gran motivatore e sempre capace di trovare nelle cose il lato positivo, tutte caratteristiche per lavorare non solo col corpo ma anche con la testa”.

In molti oggi gli chiedono chi glielo ha fatto fare. Ma lui queste domande non se le pone: quando entri dentro un mondo davvero magico, il problema non è tuo, ma di chi non ha capito dove trovare bellezza. “Il triathlon è un movimento nuovo che mi permette di conoscere persone, di visitare nuovi luoghi e mantenermi sempre in forma”, dice. “Anche per questo mi ritengo fortunato per la possibilità che mi concede la mia professione, grazie ai turni riesco ad allenarmi e poi ad essere performate anche sul lavoro”. I suoi obiettivi non sono finiti. “Ora un po’ di riposo ma si riparte… mi aspetta il mondiale in Finlandia ad agosto”, conclude. “Perché nello sport come nella vita tutto si basa solo due idee: motivazione e divertimento”.

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