Ragionando sulla mostra RUINS/ROVINE di Lorisandrea Vianello con il Direttore del Museo Archeologico di Portogruaro dottor Federico Bonfanti si era giunti ad una verità provvisoria, e cioè che ogni Civiltà lascia le sue rovine. Cosa che ha messo in movimento il mio cervello. Fra l’altro il dottor Federico mi faceva presente l’uscita di un libro di sua conoscenza che è la Storia Universale delle Rovine di Alain Schnapp. Ulteriore suggestione per una riflessione sul caso. E pensando all’Arte Contemporanea mi si è presentata tutta una serie di suggerimenti in corso d’opera, dato che avendo in passato fatto il restauratore, mi ricordai di tante opere di arte contemporanea ingestibili da restaurare, proprio per la loro natura oggettiva. Cioè i materiali di cui l’arte contemporanea si compone sono di per sé appartenenti alla nostra epoca avendo superato l’artista l’uso del pennello e dell’olio che componeva in ultima analisi il suo prodotto: il Quadro. Adesso le opere, o i quadri, sono composti da manufatti di plastica, legno ferro, oppure da elementi fisiologici, liquidi, o aerei. Ciò mi ha fatto riflettere sulla “fragilità” e sul punto di non ritorno del Contemporaneo. Riprendo qui un breve testo di un fotografo Andrea Schettin dal suo libro Mondi Paralleli: ” dove c’è l’abbandono c’è un mondo nuovo…..dietro al muro diroccato c’è un’altra civiltà. I rumori cambiano. Le luci cambiano. Cambia la percezione del tempo. Cose abbandonate vestiti, oggetti, e a volte pure macchinari, mi sembra a volte di entrare in una astronave dimenticata od in una dimensione parallela post-atomica. Questi luoghi continuano a vivere un loro tempo che testimonio con le mie foto.

Ecco, se applichiamo queste sue considerazioni, abbastanza semplici e normali, possiamo guardare al mondo del Contemporaneo con un occhio disincantato, in cui troviamo Autori che hanno “spacciato” catorci d’auto compresse e schiacciate ridotte in cubi di rottami, messe in giro per sculture da Cesar Baldaccini. O, il Piero Manzoni con i suoi fiati d’artista, cioè palloncini gonfiati da lui stesso che nel tempo si sono sgonfiati, e a volte scoppiati, e per questo considerati reliquia d’artista dal valore di 200/300 mila euro. La sua Merda d’artista ha posto grossi problemi di restauro. È possibile mettere il contenuto su una nuova scatola? o mantenere la scatola che reca la data e firma a scapito del contenuto che può essere andato perso?
In Conservare L’Arte Contemporanea: problemi-metodi-materiali-ricerche, gli autori Oscar Chiantore, e Antonio Rava degli Istituti universitari di Torino, sostengono che “dedicare un volume alla conservazione dell’Arte Contemporanea potrebbe sembrare una contraddizione in termini in quanto fin dalle prime avanguardie del Novecento il lavoro dell’artista si è progressivamente liberato da esigenze mimetiche e narrative. Ma, al Restauratore è anche richiesta la capacità di penetrare nell’universo intellettuale dell’artista nel rispetto dell’idea originaria, che talvolta risiede proprio nella teorizzazione del valore effimero del suo lavoro.“
Giusta osservazione. Alcuni artisti proprio dell’effimera deperibilità dell’opera hanno fatto il loro marchio. Cito qui Biagio Pancino, di San Stino, ma dal 1952 vissuto in Francia. Egli è passato dalla pittura ad olio, all’uso degli ortaggi dentro al quadro nel 1975. Inchiodava su tavolati patate (pomme de terre) che prima colorava componendo, all’interno di essi, opere dai colori diversi, a seconda dell’intenzione. Fosse un’idea astratta, un personaggio, o paesaggi. Le patate nel loro lento marcire rilasciavano il liquido interno, e si contraevano nello svuotamento assumendo alla fine un aspetto mummificato definitivo. Questa operazione del lavorio del tempo conteneva l’effimero della durata, come nella carne, e l’ineffabile operare del tempo verso una nuova stagione di eternità. Questa dimensione insostenibile si è avuta con le note Avanguardie del Novecento che muteranno il panorama dell’arte. Primo il Futurismo con il concetto di Velocità e l’enfasi per la Guerra. Ma il Dadaismo e il Surrealismo furono i veri Corni del problema: distruggere o conservare. E fra i due il più distruttivo dei Movimenti fu il Dadaismo che tese a fare tabula rasa dell’opera. Taglia un giornale a pezzettini e mettili in un sacchetto, poi scuotilo ed estrai i ritagli a caso, e così componi la tua poesia: scriveva, come manuale per il nuovo poeta, Tristan Tzara! Tutto questo andava nella direzione della rovina dell’arte. Rovesciando il titolo di questo articolo possiamo chiederci: l’Arte è in rovina? al momento pare di no! Anche se vi è una sovra produzione di “oggetti” artistici (quadri sculture etc.). Questa si spazzatura artistica che soffoca l’arte. Meglio la Tabula Rasa che un fare compulsivo ed inutile. L’amico Giancarlo Politi, editore internazionale della rivista Flash Art, anni fa scrisse che forse l’arte si era spostata nel Cinema, Allora, lui citava il film Il Re Leone per la cura delle immagini e l’elemento fantastico insito nella storia del film. Il Pianeta delle Scimmie dove il protagonista, l’attore Charlton Heston, cade con la sua nave spaziale in una terra comandata da scimmie parlanti, le quali si comportano come gli umani e lo tengono in schiavitù. Liberatosi, fugge verso una zona proibita alle scimmie, e arrivato su una spiaggia deserta si trova di fronte ad una specie di cattedrale in rovina. A ben guardare gli ricorda la forma della sua nave spaziale oramai abbandonata e occupata dalla verdeggiante natura. Qui è chiaro il ritorno alla propria e altrui distruzione umana che lascia, quale monito, le sue rovine. Qui la rovina diventa monito ai falchi della scienza che primeggia sull’uomo. Jean Clair nel suo Critica alla Modernità ricorda che in fisica si fanno macchine enormi per scoprire l’elemento più piccolo dell’universo. Vedi il Bosone di Higgs detto pure la Particella di Dio. Concludo ricordando la presentazione del libro di Nello Cristianini: Sovrumano, a Quante Storie su RAI3. Il quale, interrogato sulla Intelligenza Artificiale, la famosa AI, tra le tante risposte ci fa capire che l’AI copre tutto ciò che è “cognitivo”, e che la macchina potrebbe un giorno capire più di noi, ma non essere in grado di spiegarcelo. In quanto da Noi umani non contemplato! Pertanto, al momento, secondo lo stesso Autore, non ci resta che il Residuo. Pure qui ci viene assegnato un “resto” della prossima civiltà delle macchine. Noi dobbiamo ritagliarci una parte della sapienza residua di ciò che la macchina non possa fare al momento. Possiamo individuare questo residuo nel processo creativo? Insomma, Noi non siamo esseri “onniscienti” e quindi comunque destinati alla povertà del lacerto. Condannati quindi all’uso della parzialità. In quel “particolare”, nel quale sta Dio, a dire dello storico dell’arte: Aby Warburg. Quindi siamo una coscienza parcellizzata che si muove nelle “rovine” del Sapere? Ed è questa la “bellezza” che salverà il Mondo?! Ai posteri l’ardua Sentenza.
Boris Brollo