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Dieci Vettovaglie Verbali da Evitare: Il Decalogo del Cameriere Impeccabile al Momento dell’Ordine

Nel complesso e delicato ecosistema della ristorazione, il momento della presa dell’ordine rappresenta un crocevia cruciale tra le aspettative del cliente e l’efficienza del servizio. È in questi brevi istanti che si consolida la prima impressione, si instaura un clima di fiducia (o di imbarazzo) e si pongono le basi per un’esperienza gastronomica memorabile – o, al contrario, per una serie di piccoli e grandi disagi. In qualità di giornalista enogastronomico con un occhio attento alle dinamiche di sala, ho osservato nel corso degli anni una sorprendente varietà di approcci alla presa dell’ordine, alcuni brillanti e professionali, altri decisamente meno riusciti. Tra questi ultimi, spiccano alcune frasi che, con la loro inadeguatezza o scortesia, rischiano di minare la soddisfazione del cliente e la reputazione del locale. Ecco, dunque, un decalogo di “vettovaglie verbali” che un cameriere, aspirante all’eccellenza, dovrebbe assolutamente bandire dal proprio vocabolario al momento di ricevere le ordinazioni.

1. “È finito.” (Pronunciato con noncuranza e senza alternative)

Questa lapidaria affermazione, spesso elargita senza un minimo di rammarico o di proposta sostitutiva, è un vero e proprio pugno nello stomaco per il cliente che aveva già pregustato quel particolare piatto. Comunicare l’indisponibilità di una pietanza è inevitabile, ma il modo in cui lo si fa è fondamentale. Un cameriere professionale dovrebbe sempre anticipare l’informazione, magari consultando la cucina prima di presentare il menu, e in caso di “sold out”, proporre alternative simili o suggerire le specialità del giorno con entusiasmo. Un semplice “Mi dispiace, ma il nostro risotto ai funghi porcini è terminato per stasera. Posso consigliarvi il nostro delizioso risotto alla milanese con zafferano fresco, oppure la nostra pasta fatta in casa con ragù bianco di cinta senese?” trasforma una potenziale delusione in un’opportunità di scoperta.

2. “Non lo so.” (In risposta a domande sul menu o sugli ingredienti)

Un cameriere è il primo ambasciatore della cucina, il tramite tra il cliente e lo chef. Non essere in grado di rispondere a domande basilari sugli ingredienti, sulla preparazione dei piatti, sulla provenienza dei prodotti o sulle opzioni per eventuali intolleranze o allergie è sintomo di scarsa preparazione e disinteresse. Se la risposta immediata non è disponibile, la soluzione è semplice: “Ottima domanda! Permettetemi un istante per chiedere chiarimenti in cucina e torno subito da voi con la risposta precisa.” Questa breve attesa è infinitamente preferibile a un vago e frustrante “Non lo so”.

3. “Siete sicuri?” (Pronunciato con tono di disapprovazione o sorpresa)

Ogni scelta del cliente, per quanto possa sembrare insolita o poco convenzionale agli occhi del cameriere, va rispettata senza alcun giudizio implicito o esplicito. Un “Siete sicuri?” pronunciato con un sopracciglio alzato o un tono di sorpresa sottintende una critica alla decisione del cliente e lo mette a disagio. Che si tratti di ordinare un vino dolce con un piatto di carne o di richiedere una cottura insolita per un taglio pregiato, il ruolo del cameriere è quello di registrare l’ordine con professionalità e discrezione. Se sussistono dubbi sulla preparazione o sulla combinazione, un approccio gentile e informativo è preferibile: “Certamente. Solo per assicurarmi che sia di vostro gradimento, desiderate una cottura al sangue per la nostra costata di manzo? Solitamente la consigliamo media per esaltarne al meglio il sapore e la consistenza.”

4. “È la nostra specialità.” (Come unica argomentazione per un piatto)

Affermare che un piatto è la “specialità della casa” può essere un buon punto di partenza per un suggerimento, ma non dovrebbe mai essere l’unica motivazione presentata al cliente. Ogni commensale ha gusti e preferenze diverse, e ciò che è speciale per lo chef o per il ristorante potrebbe non esserlo per chi è seduto al tavolo. Un consiglio efficace dovrebbe sempre essere accompagnato da una descrizione dettagliata degli ingredienti, del metodo di preparazione, dei sapori e delle eventuali caratteristiche distintive del piatto. “La nostra specialità è il filetto di branzino al forno con olive taggiasche e pomodorini confit. Il branzino è freschissimo, pescato localmente, e viene cotto lentamente al forno per mantenerne la morbidezza, mentre le olive taggiasche e i pomodorini aggiungono una nota mediterranea dolce e sapida.” Questo tipo di presentazione è decisamente più invitante e informativa di un generico “È la nostra specialità.”

5. “Avete finito?” (Pronunciato troppo presto o con fretta)

Il momento in cui il cliente decide di concludere il pasto è una sua prerogativa e non dovrebbe essere in alcun modo forzato o suggerito inopportunamente dal personale di sala. Un “Avete finito?” pronunciato mentre l’ultimo boccone è ancora nel piatto o con un tono che sottintende la necessità di liberare il tavolo è una grave mancanza di tatto e di rispetto per il cliente. Il cameriere dovrebbe essere attento ai segnali non verbali del tavolo e avvicinarsi solo quando è evidente che i commensali hanno terminato, magari chiedendo con garbo: “Posso sparecchiare?” o “Desiderate qualcos’altro?”.

6. “Non è colpa mia, è la cucina.” (In caso di ritardi o problemi con i piatti)

In un ristorante, il personale di sala e la cucina sono parte di un unico team, e scaricare la responsabilità di eventuali disservizi su un altro reparto è non solo poco professionale, ma anche controproducente per l’immagine del locale. In caso di ritardi significativi nella preparazione dei piatti o di errori nell’ordine, il cameriere dovrebbe scusarsi sinceramente a nome del ristorante e cercare di gestire la situazione nel modo più efficace possibile, magari offrendo un piccolo gesto di cortesia come un aperitivo o uno sconto sul conto. Un “Mi scuso per il ritardo, c’è stato un piccolo imprevisto in cucina con la preparazione del suo piatto. Stiamo facendo del nostro meglio per servirlo al più presto” è decisamente più accettabile di un tentativo di deresponsabilizzazione.

7. “Cosa prendete?” (Invece di un approccio più formale e accogliente)

Il momento della presa dell’ordine dovrebbe essere preceduto da un approccio cordiale e professionale. Un semplice “Buonasera, siete pronti per ordinare?” o “Avete avuto modo di consultare il menu? Posso rispondere a qualche vostra domanda?” crea un’atmosfera più rilassata e accogliente rispetto a un brusco e impersonale “Cosa prendete?”. La cura del linguaggio e la gentilezza nei modi sono elementi fondamentali per un servizio di sala di qualità.

8. “Vi porto il solito?” (A clienti che non si conoscono o alla prima visita)

Questa frase, pur potendo essere un gesto di attenzione gradito per i clienti abituali, è assolutamente inappropriata nei confronti di chi non si conosce o che visita il ristorante per la prima volta. Presumere di conoscere le preferenze di un nuovo cliente è non solo scortese, ma anche rischioso. È sempre preferibile un approccio neutro e la presentazione del menu.

9. “È troppo tardi per cambiare.” (In risposta a una richiesta di modifica o aggiunta all’ordine)

Salvo casi eccezionali in cui la preparazione del piatto sia già in fase avanzata, cercare di accontentare le richieste del cliente dovrebbe essere una priorità per il personale di sala. Un “È troppo tardi per cambiare” suona come una scusa pigra e poco disponibile. Un approccio più orientato al servizio potrebbe essere: “Vediamo cosa possiamo fare. Permettetemi di chiedere in cucina se è ancora possibile apportare la modifica richiesta.” Anche in caso di impossibilità, una spiegazione cortese e motivata è sempre preferibile a un rifiuto categorico.

10. “Non è nel menu.” (In risposta a una richiesta specifica)

Anche se un piatto o un ingrediente non sono presenti nel menu, un cameriere attento e disponibile dovrebbe sempre valutare la possibilità di accontentare la richiesta del cliente, soprattutto se si tratta di una semplice variazione o di un ingrediente disponibile in cucina. Un “Non è nel menu” secco e definitivo chiude la porta a qualsiasi possibilità di dialogo e può lasciare il cliente con la sensazione di non essere ascoltato. Una risposta più costruttiva potrebbe essere: “Capisco. Anche se non è presente nel menu, posso chiedere allo chef se è possibile preparare una porzione di verdure grigliate come contorno.”

In conclusione, il momento della presa dell’ordine è un’arte sottile che richiede professionalità, attenzione al dettaglio e una profonda comprensione delle dinamiche della relazione con il cliente. Evitare queste dieci “vettovaglie verbali” rappresenta un passo fondamentale verso un servizio di sala impeccabile, capace di trasformare un semplice pasto in un’esperienza enogastronomica realmente memorabile e positiva per tutti i commensali. La cura del linguaggio, la disponibilità all’ascolto e la cortesia sono gli ingredienti essenziali per costruire un rapporto di fiducia con la clientela e per consolidare la reputazione di un ristorante di successo.

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1 Comment

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    Diodato Buonora
    31 Marzo 2025 - 11:03

    Buongiorno, sono Diodato Buonora, un maître (ora in pensione) che si occupa della rivista digitale dell’AMIRA (Associazione Maîtres Italiani Ristoranti e Alberghi), “Ristorazione e Ospitalità” (https://www.amira-italia.it/images/2025/rivista/Marzo_2025.pdf). Chiedo gentilmente se posso pubblicare sulla nostra rivista l’articolo pubblicato sul vostro sito: “Dieci Vettovaglie Verbali da Evitare: Il Decalogo del Cameriere Impeccabile al Momento dell’Ordine”, naturalmente citando la fonte e il vostro link. In attesa, Buon inizio di settimana.
    Diodato Buonora – 329 724 2207

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