Il Gloucester Guildhall, con la sua atmosfera un po’ retrò e il calore umano palpabile, ha ospitato nella serata del 14 marzo un evento di quelli che si sedimentano nella memoria, un appuntamento quasi mitologico per i fan degli XTC. Non si trattava, tecnicamente, di una reunion della band di Swindon, scioltasi nel lontano 2006 a causa delle ben note fobie da palco del suo leader Andy Partridge. Ma l’energia, lo spirito e soprattutto la musica di quella formazione seminale del new wave e del pop britannico erano palpabili, incarnati dalla presenza di Colin Moulding, il carismatico bassista e co-fondatore, accompagnato da un ensemble di musicisti di talento pronti a far rivivere gemme di un repertorio ineguagliabile.
L’aria nel Guildhall era densa di un’eccitazione contenuta, quasi sacrale. Il pubblico, in larga parte composto da quei fedelissimi che avevano seguito gli XTC fin dagli esordi negli anni ’70, portava sul volto i segni del tempo ma negli occhi la scintilla immutata della passione. C’erano i punk della prima ora, ingrigiti ma con ancora qualche spilla a testimoniare un’epoca dirompente; gli universitari degli anni ’80, che avevano trovato nelle intricate melodie e nei testi arguti della band una colonna sonora per le loro inquietudini; e poi una nuova generazione di ascoltatori, conquistati dal passaparola e dalla riscoperta di un catalogo ricco di intuizioni geniali.
Quando le luci si sono abbassate e le prime note hanno iniziato a diffondersi, un’ovazione fragorosa ha accolto Moulding e la sua band. Si è partiti subito in quarta con una tripletta che ha immediatamente scaldato gli animi: “Making Plans for Nigel”, con il suo riff di basso inconfondibile e il ritornello corale che ha fatto cantare l’intera sala; la nervosa e tagliente “Statue of Liberty”, con il suo incedere sincopato e il testo ironico; e l’ipnotica “Senses Working Overtime”, un tripudio di suoni e immagini che ha dimostrato la capacità degli XTC di spaziare tra la melodia pop e la sperimentazione sonora.
La scaletta ha sapientemente alternato i grandi successi con brani meno noti ma altrettanto preziosi, offrendo un panorama completo della ricchezza stilistica della band. Non sono mancate le ballate agrodolci come “The Loving”, con la sua melodia malinconica e il testo intriso di desiderio; le gemme pop più immediate come “Mayor of Simpleton”, con il suo ritornello orecchiabile e l’energia contagiosa; e le incursioni nel territorio del rock più robusto come “Life Begins at the Hop”, un inno all’adolescenza e alle prime esperienze.
Ogni brano è stato accolto con un entusiasmo palpabile, con il pubblico che cantava a squarciagola ogni parola, dimostrando una familiarità e un affetto profondi per queste canzoni che hanno segnato intere generazioni. Colin Moulding, pur visibilmente emozionato, ha retto il palco con la sua consueta presenza scenica, la sua voce calda e riconoscibile che ha saputo restituire l’anima di ogni pezzo. I musicisti che lo accompagnavano si sono dimostrati all’altezza della sfida, reinterpretando con rispetto e personalità le intricate partiture degli XTC, senza cadere nella sterile imitazione ma apportando un tocco di freschezza e vitalità.
Lo stile musicale degli XTC è sempre stato un unicum nel panorama britannico. Partiti dalle coordinate del punk e della new wave, hanno rapidamente sviluppato un linguaggio sonoro originale, caratterizzato da melodie complesse e raffinate, arrangiamenti ingegnosi, testi intelligenti e spesso surreali. La loro musica era un mix affascinante di pop orecchiabile e sperimentazione audace, capace di conquistare un pubblico vasto senza mai rinunciare alla propria integrità artistica. Le influenze spaziavano dai Beatles al jazz, dal folk alla musica d’avanguardia, creando un tessuto sonoro ricco di sfumature e sorprese.
Assistere a questo concerto a Gloucester è stata anche un’occasione per scoprire (o riscoprire) il fascino di questa città del Gloucestershire. Situata sulle rive del fiume Severn, Gloucester vanta una storia millenaria, con tracce di insediamenti romani e un ruolo significativo nel Medioevo. Il suo gioiello architettonico è senza dubbio la magnifica Cattedrale, un imponente edificio gotico con una storia che affonda le radici nel VII secolo. La sua torre, tra le più alte d’Inghilterra, offre una vista spettacolare sulla città e sulla campagna circostante.
Il porto storico di Gloucester, oggi riqualificato, è un altro luogo di grande interesse, con i suoi magazzini vittoriani trasformati in negozi, ristoranti e musei. Il National Waterways Museum racconta la storia dei canali britannici e della vita fluviale, mentre i numerosi pub e locali offrono un’atmosfera vivace e accogliente. Le vie del centro storico conservano un fascino d’altri tempi, con edifici a graticcio e mercati tradizionali.
Tornando al concerto, il bis ha rappresentato un ulteriore culmine emotivo. L’attacco inconfondibile di “Generals and Majors” ha scatenato un’ultima ondata di entusiasmo, con il pubblico che ballava e cantava con ancora più foga. E poi, a chiudere la serata, la delicata e commovente “Wonderland”, una ballata che ha lasciato una sensazione di dolcezza e nostalgia nell’aria.
Al termine del concerto, mentre la folla defluiva lentamente dal Guildhall, si potevano udire frammenti di conversazioni entusiaste, ricordi condivisi, la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di speciale. Non era stata una semplice riproposizione di vecchi successi, ma una vera e propria celebrazione della musica degli XTC, della sua atemporalità e della sua capacità di emozionare ancora oggi. Per chi c’era, è stato un tuffo nel passato, certo, ma anche una vivida riaffermazione di un genio pop che, pur non calcando più assiduamente le scene, continua a vivere nelle sue canzoni e nel cuore dei suoi tanti, affezionati fan. E Gloucester, per una notte, è sembrata il centro vibrante di un universo musicale che non conosce confini temporali.
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