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I vigliacchi del Monte Tomba

La faccio breve: martedì 6 agosto sul Monte Tomba mi hanno aperto l’auto e mi hanno rubato due borse con dentro “l’ufficio” (due pc, telefonini, libri, varie ed eventuali) oltre allo zainetto personale della mia compagna (dal portafoglio alle chiavi di casa, passando per un altro telefonino). Di pomeriggio, verso le 16. C’era il sole, è stata l’ultima volta che sono stato bene tra i monti.

Io e la mia compagna dovevamo rimanere una decina di minuti nell’area del parcheggio dove è eretto il memoriale alla Prima Guerra Mondiale. Auto pienissima, i bagagli di una settimana da passare sul Grappa: eravamo in attesa delle chiavi della casa dove avremmo alloggiato. Abbiamo parcheggiato in fianco ad un’auto, una famiglia le girava attorno, gli sportelli aperti. C’era un gruppo di scout, lei ha pure prestato il telefonino per chiamare i genitori che portassero loro dei medicinali. Che bello, un mondo dove un gruppo di ragazzi vive tra i monti senza telefonino. Pensavo questo mentre mi mangiavo la salita che porta verso le bandiere.

Poi sono sceso, verso la chiesetta. E quasi mi son commosso a rileggere le gesta degli eroi che su queste rocce lasciarono sangue e gioventù. L’epica delle battaglie sul Monte Grappa fa parte del mio dna. Questo è il mio monte, è tatuato sulla mia pelle come simbolo di resistenza e coraggio, come argine alla barbarie e pilastro identificativo dell’intera società che vive alle sue pendici, della quale mi onoro di far parte. Mentre scattavo la foto che vedete qui sopra, a cento metri quella famigliola apriva la mia auto, mi rubava quello che pareva di valore e sgommava via, verso l’afa tremenda della pianura agostana.

Il seguito è il racconto di una settimana di fastidi. Prima fase: inseguimento (inutile) dei ladri con la tracciabilità del telefonino via Google, denuncia ai carabinieri, ricerca del telefonino tra i campi di Quero. Contemporaneamente, blocca mezza dozzina tra conti correnti e carte di credito. E affronta il problema del modificare tutti gli accessi della tua vita online, devi cambiare almeno venti password. Segue la fase di ricostruzione: rifai i documenti, compera quello che ti hanno rubato, riallineati con le informazioni perse. Totale: una settimana persa tra uffici e negozi e duemila euro di danni.

Ma il vero furto l’ho capito quando, una settimana dopo, sono ritornato a correre sul Monte Grappa, lato Valle di Santa Felicita. E mi è toccato riflettere sul mio rapporto con la montagna. Prima di quel dannato furto, era oasi perfetta e pulita, onesta e sincera. Solitudine o persone belle, natura e animali. Non pensi che sui luoghi sacri qualcuno voglia avvelenarti col suo male. Sei sicuro di essere tra tuoi simili, in famiglia.

E invece mi sono ritrovato a fotografare targhe e escursionisti, temevo che tra di loro si nascondessero quei ladri infami, quelli che hanno violato la sacra terra del Monte Grappa. Tradendo l’ecosistema solidale che vige tra i monti, dove tutti hanno bisogno di tutti, dove la lotta è con la roccia e con la neve e non tra esseri umani, quei malviventi hanno contaminato una terra sacra, dove riposano gli eroi che vi guerreggiarono per difendere il proprio sogno di un mondo migliore, libero, felice.

Per questo motivo ho voluto rendere pubblica la mia disavventura. Per chi visita la sacra cima: fate attenzione, nei parcheggi, anche se già lo sapete. Guardatevi attorno, il nemico si annida dentro la nostra trincea. Questa è era di nichilismo e barbarie e nessuno fucila chi tradisce. La mia speranza è che queste parole arrivino anche a quelle anime nere che non si limitano a gettare insicurezza in pianura e che anzi, d’estate, sporcano con le loro mani auto e case che vivono nella solitudine delle vette.

Credevo che solo tra i monti avrei trovato gioia. Ora so che anche tra le vette innevate si cela il nemico umano. I vigliacchi del Monte Tomba, questi sono i nuovi invasori che dobbiamo combattere.

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