Un percorso tra mitologia classica e scultura di uno dei maestri del rinascimento veneto
Nel 2020 ricorre il trecentesimo della scomparsa di Orazio Marinali, uno scultore vicentino che ha lasciato tracce importanti nella scultura tardo barocca in vari ambiti. Da quella religiosa (in prImis la Basilica di Monte Berico a Vicenza) a quella d’interni anche se la zampata che lo ha reso ambito e ricercato è stata la statuaria da giardino in quell’epoca, tra fine seicento e inizi settecento, in cui la nobiltà veneziana desiderava tradurre la sua opulenza nella civiltà della villa, e quindi dei suoi giardini, luogo di svago e di piacere, ammantato da un alto valore simbolico.
Figlio di Francesco, scultore ligneo, Orazio nacque ad Angarano, un borgo di Bassano del Grappa, nel 1643. Si perfezionò come scultore alla scuola veneziana del fiammingo Juste Le Court per poi intraprendere un percorso proprio, affiancato in questo dai fratelli, su tutti Angelo, mancato prematuramente, e una cerchia di figli e familiari, tanto che la “bottega” del Marinali, con sede a Vicenza, operò per complessivi oltre ottantanni.
Tanto ambito e ricercato nel suo tempo, tanto poi dimenticato con pochi studiosi che ne hanno indagato poi il talentuoso scalpello. Monica De Vincenti, Camillo Semenzato su tutti anche se il riferimento che fa ancora letteratura è una tesi di laurea di Francesca Barea Toscan con relatore un docente dell’Università di Padova, Adriano Mariuz, entrambi di Castelfranco Veneto, dove Marinali ha lasciato una delle sue testimonianze più importanti, ovvero la statuaria che fa da cornice alla cavallerizza posta entro il parco Revedin Bolasco, ora di proprietà dell’Università di Padova. Premiato nel 2018, dopo un lungo restauro, quale miglior parco pubblico d’Italia. Castelfranco Veneto, per certi versi, patria adottiva di Marinali, tanto è vero che Giancarlo Saran, cultore di storia locale, conosciuto in queste colonne come ambasciatore, nonché accademico, della cucina italiana, rotariano di lungo corso e già assessore locale alla cultura, ha dato alle stampe per Panda Edizioni, grazie al contributo del suo Rotary Club, un’inedita lettura del corpus scultoreo di Marinali stesso. “Marinali è uno dei più preclari esempi di come l’ispirazione artistica rinascimentale, nella scultura, ma anche e soprattutto nella pittura, abbia attinto a piene mani nella mitologia classica”. Se nomi quali Venere o Giunone, Ercole e Apollo siano noti ai più, riemergono al presente miti senza tempo, quali Deucalione e Pirra o lo stesso Ciparisso (da lui il mito dei cipressi a delimitare i cimiteri) e molti altri.
“Lungi da me fare il verso a chi il critico d’arte lo fa per professione – ricorda Saran – ma memore dei mei “smemorati” studi liceali, mi sono divertito a rispolverare racconti e storie che rischiavamo di dimenticare, in questo terzo millennio proiettato in un futuro sempre più lontano dalle sue radici”.
Inizia così un percorso, introdotto da una partecipe presentazione di Carlo Nordio, che, con le sue parole, conferma la felice intuizione dell’autore. “Chi ha studiato le Metamorfosi di Ovidio, tra i fil rouge del racconto che periodicamente ritorna lungo le pagine del libro, ne serba un ricordo generalmente negativo, come di un’inutile e noiosa sagra di leggende puerili. E chi non le ha studiate da ragazzo nemmeno le conosce perché, salvo qualche produzione cinematografica, nessuno gliene ha mai parlato. Ed invece questo immenso tesoro costituisce una raccolta completa delle contraddizioni e delle tensioni inconsce dell’animo umano”. Il testo, di 270 pagine, è riccamente illustrato da un team di amici fotografi che hanno affiancato l’autore, da lui definiti “Agenzia Marinali”, così da raccontare il talentuoso scalpello del maestro scultore in un ideale “percorso del Marinali” nel luoghi che meglio raccontano di lui. Si inizia da Bassano del Grappa, dove si scopre che il patrono della città, San Bassiano, in realtà era il vescovo di Lodi di epoca romana e si descrive, all’interno del museo civico, un busto di un Orazio i cui tratti rinviano ad un più noto e novecentesco Benito, romagnolo di Predappio. Vi sono le ville. Come Trento da Schio, a Costozza di Longare, sui Colli Berici, dove Marinali faceva provvista della pietra per modellare le sue opere. Villa Trissino Marzotto, dove una lapide ricorda la meritoria opera di recupero svolta da Giannino Marzotto, imprenditore filantropo, nonché vincitore di una epica Mille Miglia, a bordo di una Ferrari 195S. Castello Grimani Sorlini, a Montegalda, un’antica fortezza che ha visto i della Scala di Verona tra i suoi proprietari e un Marinali inedito che si rivela a “La Deliziosa”, nella vicina Montegaldella, dove si esprime con un tratto personale applicato ai Pantalone e Pulcinella cui verrà data poi fama imperitura grazie alle commedie di Carlo Goldoni. Completa il pentagramma scultoreo in villa la settecentesca Corner della Regina, a Cavasagra di Vedelago, due passi dalle fascinose sorgenti del Sile, nel trevigiano. Il racconto si conclude a Vicenza, con una testimonianza dell’eclettico talento del Marinali scultore che lo vede protagonista presso la Basilica di Monte Berico. Vi sono le sue statue, ma anche degli altorilievi, che riassumono la storia e il mito della basilica. Imperdibili le quattro acquasantiere, con putti di varia fatta, che la dicono lunga sullo scalpello ispirato di questo protagonista della sua epoca le cui opere hanno anche varcato i confini nazionali, una su tutte Giove e Antiope, esposta all’Ermitage di Leningrado.
Il viaggio si conclude con il dovuto omaggio alla lapide che ricorda la vita e l’opera di questo artista, conservata entro l’antica chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, riferimento della migliore nobiltà vicentina dell’epoca, che così volle accogliere a futura memoria chi, come pochi altri, seppe raccontare, legata al mito classico, ma non solo, la straordinaria civiltà della villa veneta.