RITORNO E OBLIO – Il mito di Proserpina.

Ritorno e oblio. Il mito di Proserpina

Esposizione di Andrea Vizzini e Simon Ostan Simone

21 dicembre 2024 ore 18.00 presso Studio WORK, Portogruaro, VE

Plutone, dio dell’oltretomba, vede Proserpina e con le sue mani artigliose balza dal sottoterra e afferrandola la conduce nel sottosuolo. Cerere, la dea romana delle messi, che ha avuto Proserpina con Giove, si rivolge a lui per averla indietro. Giove parla con Plutone, il dio ctonio, e decidono che sei mesi all’anno lei potrà salire alla luce, e sei mesi li passerà nell’Ade con lui. Proserpina, quindi, è una dea dalla doppia esistenza: una vitale celebrata con il sorgere della Primavera quale rinascita, e una invernale vissuta come Natura mortale per la Terra. Questo in soldoni il mito.

Nell’arte, famosa è la statua di Lorenzo Bernini, ed in pittura la Persefone (nome greco di Proserpina) di Dante Gabriel Rossetti che la ritrae sola con una melagrana in mano. La melagrana è collegata però, proprio come Proserpina, anche alla sfera della morte. Ed è pure simbolo di fertilità e matrimonio, i suoi semi rimandano all’abbondanza: in Grecia è usanza rompere un frutto di melograno durante i matrimoni. E a Napoli si mettono melagrane acerbe in cucina in attesa che maturino nel Giorno dei Morti, aprendosi da sole. Una doppia esistenza? Doppia vita di una insolita coppia? Lui la rapisce e stupra, Lei perdona? e può stare lontana da lui salvo ritornarvi nell’Oscurità come Oblio? Come nei migliori Thriller moderni a cui siamo abituati. Ma vi è di più: Proserpina nasce da uno stupro di Giove con Cerere sua madre. E quindi siamo di fronte ad un uso pervicace dello stupro come desiderio e fecondazione.

Pensiamo poi al Ratto delle Sabine su cui si fonda Roma, il che è tutto dire! In un’ottica woke (di risveglio), oggi di moda, si dovrebbe riscrivere la nostra storia mitologica e fondativa, nel mentre grandi pensatori come Freud, Robert Graves, o poeti come Ghiani Ritsos e Pasolini ne hanno sottolineato le affinità con i nostri lati oscuri. Soprattutto prima, da parte della pattuglia dei tragici greci: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Usando l’ardire del poeta Baudelaire potremmo dire che nella coppia qui proposta “vi è un carnefice ed una vittima e che i ruoli, all’interno, si invertono”, quasi un gioco. E questa coppia non fa eccezione. Vivono uno rispecchiandosi nell’altro. Sottosopra sempre, e assieme nell’oscurità ctonia. Lei, poi, in luce da sola al seguito della madre Cerere, dea dei cereali per i romani, ingravida la primavera dei suoi frutti. Luce e buio sono i loro lati esistenziali che si alternano all’infinito senza modificare il senso assegnatogli in una continua “ripetizione differente” senza oblio, affinché nulla muti del rito di coppia nell’Eterno Ritorno. Così Andrea Vizzini ripropone il mito tragico grazie ad interventi su dei particolari della statua del Bernini che ne esaltano la violenza, o meglio la sua messa in evidenza.

E viceversa Simon Ostan Simone ci presenta una coppia moderna dallo sguardo cangiante che in posizione fissa, a due a due, o in alternanza sottosopra, ci ammonisce sul “periglioso” gioco di coppia, dove i “generi” si confondono e annullano le identità.

Il curatore Boris Brollo

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