I RIFLESSI DI BORIS BROLLO

RIFLESSI

L’estetica è una “scienza” relativamente giovane nasce nel 1750 dalla pubblicazione Aesthetica di Alexander Baumgarten che ne coniò il nome. Essa riguarda sia l’esperienza sensibile del bello,sia la teoria che ne codifica i criteri attraverso una dottrina del giudizio o del sentimento di piacere, fino a diventare in età moderna un settore della filosofia incentrato sulla conoscenza della bellezza naturale o artistica. Si potrebbe quindi, per analogia, pensare ad Essa come ad un riflesso del fatto artistico che invece deriva dall’artigianale. Ovviamente esisteva anche prima della data del 1750, basti pensare al “canone” scultoreo greco. Ma chi dà un colpo all’arte ed alle sue teorie è il giovane Marx che con le sue suggestioni filosofiche legate all’analisi del capitalismo sostiene  che l’arte è una sovrastruttura e quindi un riflesso della società economico capitalista stessa. L’Arte per la società industriale non è centrale. Lo stesso C. G. Jung, psicanalista con Freud e scopritore dell’Inconscio Collettivo, relega il fatto artistico all’inconscio profondo scrivendo e disegnando il suo Libro Rosso con un uso di immagini surreali e di scritture in gotico antico che si rifanno alla visione interiore. Così facendo attraverso l’uso delle modalità artistiche struttura il riflesso dell’anima, della vita interiore. Il filosofo veneto Andrea Emo scrive: «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce». Quale migliore riflesso se non attraverso l’immagine  del fuoco? Accecante, riscaldante, illuminante, quasi araba fenice che risorge dalle proprie ceneri. Si pensi a Fahrenjeit 451, il romanzo di fantascienza di Ray Bradbury che imitando la dittatura nazista brucia i libri, ai 451 gradi Fahrenheit e da qui il titolo, per tenere la popolazione futura nell’ignoranza. Il fuoco inteso come purificazione, ma sappiamo che nel sottobosco bruciato, distrutto, nasce una nuova vegetazione. Anzo il fuoco viene utlizzato per pulire e ricreare il sottobosco dai contadini. Così l’arte vive il suo essere effimero. Qui tre artisti tendono dare ragione di queste componenti su citate quale riflesso interiore delle loro visioni. Andrea Schettin usa la fotografia che già di per sé segna il destino del suo lavoro, fra l’altro Photos vuol dire luce e fotografia sta per il “segno della luce”. Giampietro Cavedon cerca nella luce le sue penombre di interni pittorici che fissano l’immagine proiettata dal chiaro-scuro rimanendone essi stessi abbagliati dall’istante che li rappresenta. Infine Mauro Guiotto usa le resine per rinchiudere oggetti d’affezione, lasciandoli così inerti nel tempo sospeso, quale riflesso di una civiltà industriale arcaica.

Boris Brollo

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