Highlights
Oltre il 50% delle Grandi e Medie imprese sta elaborando una strategia di trasformazione sostenibile
Aumenta del 5% ogni anno la richiesta di manager con sempre più precise green skill
Innovazione in campo energetico e tecnologie digitali sono gli acceleratori più urgenti da sviluppare per alimentare la transizione verso la sostenibilità
I maggiori ostacoli alla conversione sostenibile sono il contesto normativo e burocratico e la scarsità di competenze
Tra il 2023 e il 2026, tanto le imprese quanto la PA avranno necessità di circa 4 milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo.
Confindustria e Federmanager stilano i profili delle figure manageriali necessarie a rispondere alle nuove sfide legate alla sostenibilità: Sustainability Manager, Environmental Manager, Governance Manager e Social Manager
SINTESI RAPPORTO “ALTE COMPETENZE PER UN FUTURO SOSTENIBILE” DELL’OSSERVATORIO DI 4.MANAGER
Non sussiste innovazione senza sostenibilità e viceversa. E’ questo il primo aspetto che emerge dal rapporto “Alte competenze per un futuro sostenibile” dell’osservatorio di 4.Manager, che ha sondato un panel rappresentativo di oltre 4000 imprese. Il forte impulso normativo, attualizzato inizialmente dal Green Deal, ha visto il suo processo di canalizzazione nel corso della pandemia, sfociando nell’implementazione del PNRR, fino a integrare le recenti vicissitudini geopolitiche con l’attuazione del Piano Repower EU e Net-Zero Industry Act della Commissione europea. Tali eventi hanno fortemente contribuito a cambiare il tradizionale paradigma sociale ed economico, difatti, se da un lato cresce la domanda di prodotti a contenuto sostenibile, dall’altro, aumenta il timore da parte delle aziende della propria Brand Reputation. Questo processo mostra un’evoluzione del concetto di industria 4.0 – principalmente orientato all’innovazione – verso una soluzione 5.0, dove gli elementi di innovazione si fondono con i componenti della transizione tipici della sostenibilità. Al fine di raggiungere questo importante obiettivo è essenziale affrontare il tema della sostenibilità in maniera integrale, includendo non soltanto i fattori ambientali, ma anche quelli sociali e di governance delle società. Per tali ragioni, oltre a comprendere nel sistema lavoro profili altamente qualificati e tecnici, sono necessarie competenze scientifiche a livello manageriale, fattore evidente nell’ultimo periodo in cui il nostro sistema impresa ha aumentato del 5% ogni anno la richiesta di manager dotati di competenze sempre più precise nel settore green, oltre che qualificati in materia di criteri ESG, un mercato obbligazionario che dal 2021 è cresciuto del 19%. Complessivamente, le aziende prese in esame hanno dichiarato di aver acquistato nel corso degli ultimi 3 anni: competenze manageriali (64%); competenze scientifiche (45%); competenze tecniche (73%). A tale riguardo, il Rapporto rivela che oltre il 50% delle Grandi e Medie imprese sta elaborando una strategia di trasformazione in funzione della sostenibilità, cercando professionisti in grado di comprendere tutti i processi aziendali, migliorando al contempo tanto i processi, quanto la pianificazione e la gestione.
Risultati della ricerca
Gli ambiti d’innovazione sui quali le imprese più virtuose stanno investendo energie e risorse sono:
- La direzione strategica, che è utile a definire la rotta e il posizionamento competitivo futuro dell’impresa;
- Gli strumenti per amplificare la percezione del mercato, ossia per comprendere gli orientamenti di consumo, di approvvigionamento e normativi;
- Le competenze manageriali, scientifiche e tecniche;
- Gli input tecnologici.
Dallo studio si evince che il 46% delle imprese consultate ha elaborato una strategia di trasformazione di lungo periodo per diventare un’impresa sostenibile, di cui:
- l’11% detiene un grado altamente innovativo con un impegno al 100% sia in ambito di sostenibilità ambientale che sociale;
- Il 36% è moderatamente innovativa ed ha iniziato a lavorare per il 53% dei casi sulla sostenibilità ambientale e per il 38% sulla sostenibilità sociale;
- Il 53% del campione è scarsamente innovativa e nel 51% dei casi ha iniziato ad operare sulla sostenibilità ambientale, dato che scende al 36% per la responsabilità sociale;
La maggior parte delle imprese, incluse quelle scarsamente orientate all’innovazione, sono consapevoli che solo la trasformazione sostenibile eviterà limiti operativi di accesso ai mercati e al credito. Entro il 2030 le aziende non sostenibili rappresenteranno la parte residuale di un mercato nel quale beni e servizi “sostenibili” rappresenteranno la norma.
Ostacoli alla conversione sostenibile e all’innovazione
La rilevazione effettuata dall’Osservatorio evidenzia una percezione molto simile tra Grandi e Medie imprese e Piccole Imprese per quanto riguarda gli ostacoli alla trasformazione sostenibile:
- Il contesto normativo e burocratico (38%)
- La ridotta profittabilità della sostenibilità (33%)
- Risorse finanziarie (28%)
- Competenze manageriali interne (18%)
- Competenze per cambiare il modello di business (18%)
Secondo l’Istat per circa un terzo delle imprese italiane dell’industria e dei servizi la scarsità di competenze rappresenta un ostacolo all’innovazione.
Necessità di competenze
Le imprese più orientate all’innovazione e alla trasformazione sostenibile sono quelle che:
- Negli ultimi tre anni hanno assunto manager (83%), lavoratori con elevate competenze tecniche (87%) e scientifiche (76%)
- Hanno incrementato le risorse finanziarie per la trasformazione di: manager (75%), lavoratori con elevate competenze tecniche (78%) e scientifiche (75%).
Sulla base del Rapporto, gli intervistati hanno definito come “molto importante” determinate competenze essenziali per il processo di trasformazione sostenibile, tra cui per il:
- 49% la tecnologia e innovazione produttiva di processo e di prodotto
- 45% Energy management
- 41% le competenze sulla legislazione di riferimento
- 34% l’economia circolare
- 33% People management
- 31% i finanziamenti
Ad ogni modo, solo il 70% delle imprese italiane dichiara di aver ben chiaro le competenze necessarie in ambito di sostenibilità ambientale; dato che scende al 66% per la sostenibilità sociale e sale al 78% per la transizione energetica.
Competenze per la sostenibilità
Dai dati raccolti su LinkedIn, nell’ultimo anno si osserva in Italia la costante richiesta e crescita di alcune qualifiche professionali dell’area sostenibilità, tra cui il ruolo di Responsabile sostenibilità (+52%), seguito dal ruolo di Sustainability Specialist (+43%) e dal ruolo di Consulente sostenibilità (+34%). Le principali tre città che registrano la più altra concentrazione di professionisti sono: Milano, Roma e Torino.
L’analisi delle competenze per la sostenibilità evidenzia, tra le competenze in forte crescita: Analisi finanziaria (+53,3%); “Responsabilità” (+48%); “Supporto Tecnico” (+48%); “Finanza” (+40%); “Marketing digitale” (+40%); “E-commerce” (+39%); “CRM” (+37%); “Controllo qualità” (+32%).
Si osserva un crescente spostamento delle competenze in crescita verso l’ambito della Finanza, con un focus particolare relativo all’Analisi Finanziaria e al Social Responsible Investing. Tale spostamento si riflette anche sui settori relativi alla sostenibilità, tra cui, in particolare, si evidenzia in crescita quello del Capitale di rischio e private equity.
Tra il 2023 e il 2026, tanto le imprese quanto la PA avranno necessità di circa 4 milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo.. In tale contesto, diviene strumentale l’inserimento in azienda di una figura professionale dotata di competenze trasversali come il Sustainability Manager.
Suggerimenti
Al fine di individuare possibili azioni per superare gli ostacoli alla trasformazione sostenibile e tecnologica, si ritiene che un ruolo innovativo potrebbe essere assolto da:
- Le filiere produttive e i distretti industriali
- I cluster tecnologici nazionali, che potrebbero sostenere soprattutto le imprese innovative
- Le grandi imprese, che potrebbero accelerare i processi evolutivi all’interno delle filiere e dei distretti italiani
- Gli organismi di rappresentanza, che potrebbero contribuire efficacemente nel colmare il gap tra consapevolezza e azione, guardando a nuovi paradigmi e a una narrazione nuova della sostenibilità.
LE FIGURE MANAGERIALI DEL FUTURO
Confindustria e Federmanager con il coinvolgimento di 4.Manager hanno portato avanti un importante progetto incentrato sulla figura strategica del Sustainability Manager, per quantificare e qualificare la domanda di competenze per la sostenibilità da parte delle nostre imprese, non sempre consapevoli delle skill necessarie ad accompagnare una corretta transizione.
Un cambiamento, che rispetto al paradigma competitivo tradizionale, può avvenire unicamente in presenza di professionalità manageriali esperte, preparate sui temi ESG (Environmental-Social-Governance), continuamente formate, dotate di leadership capace di influenzare le organizzazioni e di rispondere ai fabbisogni delle imprese: aumento del volume di affari e della profittabilità attraverso lo sviluppo del business e il sistema reputazionale; aumento delle opportunità finanziarie , quindi di accesso al credito, di investimento, di fiscalità; potenziamento strutturale della competitività aziendale e delle relazioni con gli stakeholder.
I profili
Sustainability Manager
Il Sustainability Manager è una figura di alto livello manageriale, che trasversalmente promuove, definisce e coordina ogni iniziativa di sostenibilità, idealmente posta alle dirette dipendenze del vertice e di raccordo con gli amministratori aziendali con deleghe su ESG. In particolare, si occupa di definire, gestire e monitorare le politiche aziendali finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità nel loro insieme. Si occupa inoltre di delineare e sviluppare iniziative volte alla costante evoluzione e valorizzazione del business in chiave sostenibile, circolare e responsabile, coinvolgendo stakeholder, realtà territoriali e istituzioni, nella piena consapevolezza delle tematiche ESG. Tra le principali responsabilità ci sono: promuovere una cultura aziendale orientata alla sostenibilità, conciliare la gestione ordinaria con attività innovative, considerare fattori ambientali, sociali e di governance nelle decisioni finanziarie, analizzare le aree di miglioramento e di rischio sui fattori di sostenibilità, oltre a misurare e rendicontare la sostenibilità aziendale.
Ci sono poi tre successivi filoni verticali di figure manageriali più tecnico/operative focalizzate sui tre specifici ambiti ESG.
Environmental Manager
Il principale compito dell’Environmental Manager è quello di gestire e monitorare l’impatto ambientale dell’azienda (ambito E dei fattori ESG), attraverso: l’implementazione di politiche sostenibili, la promozione di tecnologie pulite, l’individuazione di rischi e opportunità in ambito ambientale, al fine di potenziare e migliorare le attività, i prodotti e le performance ambientali dell’organizzazione. Definisce inoltre le politiche di economia circolare e mobilità, delineando al contempo le strategie di riduzione dei consumi energetici.
Social Manager
Il Social Manager si occupa di assicurare l’applicazione delle politiche di sostenibilità aziendale volte al perseguimento di specifici obiettivi di impatto sociale. Il suo compito principale consiste nello sviluppare un modello di impresa che identifichi, valuti e monitori i rischi e le opportunità sociali dell’attività aziendale e delle relazioni tra gli stakeholder, anche in relazione alle nuove opzioni offerte dal lavoro agile. Tra le mansioni enucleate in questa figura è possibile citare: le definizioni di politiche di diversità e inclusione, di welfare, oltre all’implementazione di progetti e strategie che riguardano i diversi aspetti della CSR. Da ultimo, il Social Manager è responsabile di individuare e applicare le idonee opportunità innovative, tecnologiche e regolatorie in grado di potenziare il miglioramento degli impatti sociali e la gestione e misurazione degli specifici rischi e opportunità.
Governance Manager
Il Governance Manager si occupa di coordinare le attività legate alla governance di un’organizzazione attraverso l’implementazione e l’aggiornamento di policy e strumenti di sostenibilità al fine di garantire la completa trasparenza e accountability dell’organizzazione.
L’obiettivo del suo operato è quello di prevenire atti come la corruzione e il conflitto di interessi, monitorare i rischi etici della realtà organizzativa e delle relazioni tra gli stakeholder, garantire la conformità dei prodotti/servizi offerti alle normative e agli standard/certificazioni a cui l’azienda aderisce in termini di impatti e rischi socio-ambientali.